David Pajo

Pajo

2005 (Drag City)
folk

Pajo membro di primo piano di gruppi importanti (Slint e Tortoise), Pajo chitarrista dall'inconfondibile cifra stilistica, Pajo che, dopo esperienze artistiche a dir poco memorabili, ha smarrito progressivamente la via scivolando da progetti più che decorosi (Aerial M, Papa M) verso altri su cui è meglio soprassedere (e ci riferiamo agli Zwan), con una traballante convinzione che ne ha minato dapprima le intenzioni e poi fatalmente gli esiti. Che sia poco agevole spostarsi con cotanto fardello di gloria sulle spalle è pacifico, che questo debba implicare una sorta d'anonima prassi appare vieppiù incomprensibile.

Prima ancora che entrare nel merito dei singoli episodi dell'album, viene spontaneo interrogarsi sul senso dello stesso, il primo in cui Pajo si libera degli pseudonimi lasciando così intendere di voler uscire allo scoperto. Cominciamo a dire che un disco di canzoni può rivelarsi terreno minato per chi ha dimostrato di trovarsi a proprio agio con attitudini che ne scavalcano la forma, e non ultimo che la canzone richiede (ahinoi) di essere cantata, appunto. A maggior ragione se si decide di utilizzare come veicolo d'espressione un folk dei più scolastici, nel quale tutto si regge sull'accoppiata chitarra voce e su poco altro ancora: David è tutto fuorché un cantante, e si sente. Lungi da noi avventurarci sulla china d'ordinarie pedanterie, ma vale la pena ricordare, magari pleonasticamente, che per fregiarsi del titolo di cantante non basta essere intonati (al che vi verrà in mente la tanto celebre quanto stucchevole pubblicità del pennello ma tant'è, nel contesto non stona), ma è d'obbligo possedere altre doti che non s'improvvisano, la personalità anzitutto. Pajo, al contrario, divulga canzoni con il tono controllato di chi non è a proprio agio con lo "strumento" e che per questo si muove con la circospezione, l'esitazione, di una matricola al primo esame cui il professore esclamerà: "Non ripeta il libro a memoria, si esprima con parole sue".

Duole costatare che di parole sue il buon David non ne possiede, e che semmai a soccorrerlo è la fedele chitarra che splendidamente imbraccia, che pennella e con la quale ci blandisce nel lodevole intento di sostenere l'insostenibile. Un disco, "Pajo", in cui all'emulazione degli odierni campioni del genere, siano essi il compianto Elliott Smith o Will Oldham, s'alterna la pedissequa imitazione di nomi storici, Simon & Garfunkel in primis. Cos'altro sono "High Lonesome Moan" e "Manson Twins", e la gran parte delle canzoni, se non raffreddatissime minestre rapprese nel piatto della Woodstock generation? Anche laddove il risultato appare soddisfacente, come nella dondolante ballata "Icicles", a palesarsi è l'eco di un già sentito che nemmeno la gran maestria d'esecuzione riesce a dipanare.

Sono davvero rari i momenti in cui dal cilindro esce il guizzo di classe, l'arrangiamento che in qualche modo aiuta a staccare da un'apatica monotonia, e quando ciò accade assume i contorni di un'oasi nel deserto: "Baby Please Come Home", con la sua base elettronica, un piglio più movimentato e una linea vocale finalmente rilassata, non sfigurerebbe nel miglior repertorio del conturbante Maximilian Hecker. Ma è un caso quasi isolato: dobbiamo attendere l'ultima traccia, l'ambientale e a suo modo sperimentale "Francie", per intuire cosa ne sarebbe stato di quest'album se Pajo avesse osato di più, se avesse provato a prendere le distanze dal feticcio di un cliché compositivo che lo ha condannato a misurarsi su un campo in cui a primeggiare, purtroppo per lui, sono altri.

Siamo alla classica occasione perduta, ma poco male: chissà che quel tardivo, inatteso coraggio (quello di "Francie", appunto) possa essere il viatico per i progetti futuri. Ci piace pensare che sia davvero così, e che la prossima sarà la volta buona.

20/05/2012

Tracklist

  1. Who's That Knocking
  2. Foolish King
  3. We Get Along, Mostly
  4. Prescription Blues
  5. Insomnia Song
  6. Wrong Turn
  7. Cyclone Eye
  8. Walk Through The Dark
  9. Let It Be Me
  10. I've Just Restored My Will To Live Again

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