Stefano Panunzi

Timelines

2005 (Res Records / Silenzio Distribuzione)
progressive, ambient-music

Come dire, riceviamo e recensiamo. Non avevo idea di chi fosse Stefano Panunzi, e la prima cosa che noto è, nella lunga lista di collaboratori a questo "Timelines", la presenza di nomi noti come Nicola Alesini (collaborazioni con David Sylvian), Gavin Harrison (Porcupine Tree), Mick Karn (Japan). Panunzi non me ne vorrà. Leggo recensioni entusiastiche. Diffidenza. Subodoro finto rock fighetto con bei suoni di velluto. In sostanza, mi sbagliavo: Panunzi non fosse italiano prenderebbe il tè nel deserto con Sakamoto e farebbe Tantra Yoga con Sylvian.

Undici brani per 65 minuti di musica. Partiamo con la title track. Arpeggio all'acustica con un mezzo glitch in retrovia (abbasta con il glitch, proibitelo per decreto, basta carta stropicciata e insetti stecco in amore!), poi il pezzo si apre in una ballata dalla cadenza floydiana, voce femminile (avessi il libretto potrei anche dirvi di chi, pazienza), cazzeggi elettroacustici per fare impressione. Siamo in zona No man / Porcupine o Aries (non li conosce nessuno, eh?). Non male, ma, insomma, il primigenio sospetto di estetismo finto decadente si fa strada. Peggio ancora "underground", una roba simile con accenni ambient con l'aggravante della voce maschile filtrata (Stefano, sei tu? Il libretto!). Un outtake di "Signify"?

Insomma, un inizio così così. Ma allora i complimenti iniziali? Calma, mica ho finito. E infatti ci riprendiamo subito con i due brani successivi. Strumentali. Space-ambient-jazz (questa l'ho inventata io adesso, ma rende l'idea) con basso (Karn, ci scommetterei), tromba (alla Isham) e clarinetto che intarsiano su un fondo tastieristico (Panunzi) con tanto di piccola citazione (a mon avis, s'intende) di "Any Colour You Like" dei Pink Floyd nel primo brano. Bello. Cambio di clima nel quinto brano ("Masquerade), un filo di aggressività in più, cantato semirobotico in italiano, un pezzo tra l'ultimo Battiato (che ormai non sopporto più) e i Bluvertigo (senza offesa). Certo che il basso di Karn è sempre straordinario. Magari non è lui e mi licenzio, tanto Fabretti da tempo non mi versa i contributi.

In "Web Of Memories" mi sembra che canti una geisha, bei suoni (ahi!), una linea melodica inesistente, birignao vocali, ritmica insulsa. Un brano inutile. Poi arriviamo al cuore del disco, una sequenza di quattro brani ("The Moon And The Red House"/"Forgotten Story"/"Tribal Innocence"/"Something To Remember") a formare, nella loro continuità, una piccola suite sostanzialmente strumentale (a parte alcune voci alle "Blade Runner") di una ventina di minuti. Tromba lirica e perentoria in primo piano sul lento incedere oscillante di un delicato equilibrio strumentale elettroacustico.

Musica notturna, emotiva quanto di ingegnoso incastro. Chiude "I'm Looking For", cantata in italiano, in cui si riprende quel clima para-new wave italico con un certo retrogusto anni 80. Una chiusura non memorabile se non fosse per un violoncello (o viola) da extrasistole e se non fosse che dopo la fine del brano, e dopo un po' di silenzio, c'è un breve epilogo con chitarra frippiana niente male. Che dire, caro Stefano, lavoro alterno, ottima musica per più di metà del disco, con qualche caduta di tono nei brani cantati. Ho letto recensioni entusiastiche sul tuo "Timelines", recensioni che non mi sento di sottoscrivere appieno, né del resto mi è chiaro perché tu abbia chiesto a me la cortesia di recensirti, ma tant'è, ormai è fatta, disco che merita più di un ascolto comunque, e anche un bel voto sul sito di Onda Rock.

P.S. Se qualcuno è interessato all'acquisto: www.res-net.org

24/02/2017

Tracklist

  1. Timelines
  2. Underground
  3. Everything For Her
  4. No Answer From You
  5. Masquerade
  6. Web Of Memories
  7. The Moon And The Red House
  8. Forgotten Story
  9. Tribal Innocence
  10. Something To Remember
  11. I'm Looking For