Possiamo tranquillamente dire che Katie Jane Garside è l'unica
sopravvissuta del movimento delle riot grrrls. Quindici anni dopo l'esplosione
del fenomeno, proprio mentre Courney
Love passa da una clinica per disintossicarsi a una clinica per siliconarsi
e Kat Bjelland serve da
bere ai banchetti di nozze per sbarcare il lunario, Katie Jane Garside (che
aveva lasciato i Daisy Chainsaw nel 1991, subito dopo aver pubblicato quel
capolavoro di disco che rimane "Eleventeen" condannando poi il gruppo alla
mediocrità) chiama a raccolta il resto dei Queenadreena e fa uscire un nuovo,
devastante lavoro.
"The Butcher and the Butterfly" è un disco dove ogni
singola nota spurga sangue, sudore, violenza, ossessione, rabbia e seduzione,
sensualità e paure, aggressività e passione.
Per quanto possa essere
distorta la musica, il suono è limpido e ogni singolo strumento rimane al suo
posto, senza mai "impastare" il proprio suono con quello di un altro. La
produzione di Paul Corkett (già stimato collaboratore di Cure, Nick Cave, Timo Maas e Placebo, solo per citarne alcuni) certo
non poteva che essere ottima.
Katie Jane gioca con la propria
sensualità, la propria femminilità e ci stuzzica pericolosamente da subito dove
in "Suck" (titolo più che esplicito) cantilena come una bimba. Poi ci spintona
in "Medicine Jar" (che, grazie ai passaggi radiofonici sta già diventando un
piccolo inno generazionale) e fa un passo indietro per guardarci a terra in
"Ascendine Stars". Si riavvicina minacciosa in "Join The Dots", canzone che,
visti i precedenti brani e con "Subway Song" dei Cure e "Pyromane" dei Noir Désir nel dna, ci mette in
guardia: non possiamo fare altro che trattenere il respiro fino al prossimo
livido. Una vera e propria insana danza di corteggiamento.
Sorpresa delle
sorprese, in "Pull Me Under" Katie Jane si arrende completamente, non solo nel
testo ("I'll play your game - I'll take the blame - Just pull me under" il
ritornello), anche la musica, infatti, è più "rispettosa" (senza perdere la sua
aggressività, intendiamoci) e la voce è meno graffiante.
"Racing Towards the
Sun" è una crisi isterica e una volta espulse tutte le tossine con il dimenarsi,
Katie Jane torna a ballarci sinuosa davanti gli occhi sulle note di "Wolverine".
Acustica e sussurrata "Birdnest Hair". Regale e prepotente come le
principesse viziate sanno essere "Princess Carwash" (altro gioiello che si
salderà ai vostri timpani). "In Red" è una minaccia, un avvertimento a mantenere
le distanze. "F.M. Doll" dovrebbe essere vietato nelle radio per incitamento
alla pedofilia o all'incesto ("Strip baby strip - Cause your daddy is watching -
Strip baby strip - Sure your mother knows nothing"), ma dal momento che questa,
insieme a "Black Spring Rising" che la segue, è una canzone bellissima, anziché
condannarla al rogo la canticchiamo tutta la sera.
Certo tutte le marachelle
di questa bambina non possono rimanere impunite e i sensi di colpa arrivano con
il buio e con "Childproof".
A concludere il lavoro "Cold Light Of The Day" e
"Butcher And The Butterfly", ottime per la conclusione di una festa-devastazione
perfettamente riuscita.
"The Butcher And The Butterfly" è un vero e
proprio distillato dei dischi che lo hanno preceduto ("Taxidermy" del 2000 e
"Drink Me" del 2002), un disco che i fan dei Queenadreena (e dei Daisy Chainsaw)
consumeranno e un ottimo punto di partenza per chi, prima, non li conosceva.
In contemporanea, esce anche il live "Live At The Ica", dove
nuovi brani (la maggior parte, ottime le versioni di "Medicine Jar" e "F.M.
Doll" qui ridenominata "Fuck Me Doll") vengono alternati a quelli più datati
(tra cui "Pretty Polly" e "Pretty Like Drugs") e dove si ha un'ennesima
conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che Katie Jane Garside ha la carta
vetrata al posto delle corde vocali. E a noi piace.