Il genietto dell'indie-tutto Glen Johnson s'inventa un altro
gioiellino di artigianato pop.
Il main-project Piano Magic risulta già un'entità
extra-ordinaria di questi ultimi anni di musica indipendente, con questo album
non fa che confermare appieno le sue capacità di composizione straordinarie.
Bozzetti, canzoni monche, voci, rumori. La singola esamina dei pezzi non
renderebbe mai il vero senso di questo (capo)lavoro.
Suoni rubati al mondo,
estirpati dal semplice scorrere del tempo. Il tempo che percorre un sentiero di
luccicante bellezza. Si percepisce un qualcosa di famigliare scorrendo le
tracce. Ci perdiamo-ritroviamo davanti a questo guazzabuglio di timbri
materiali, essenziali, granitici.
Loop, scricchiolii, battiti, fischi,
aneliti, disfacimenti, strabordanti estraneità sonore.
L'elettronica va a
braccetto con tutto ciò, si accompagna come se seguisse la stessa strada
maestra, come se non ci fosse distinzione tra ciò che è concreto e ciò che è
finto.
I suoni creati dalle macchine riproducono un battere ossessionante e
corposo, invadente, evanescente. Il tocco di non-umanità a un suono
sfacciatamente puro.
Acusticità deformata, mai presente nella sua forma
naturale. Strumenti dissimulati, sterzati, deviati, destabilizzati. Percussioni,
xilofono, tocchi di chitarra, chissà quali altri strumenti. Il risultato è un
qualcosa di cristallino, deciso, puntuale.
Le voci rimangono al di fuori.
Non vogliono essere troppo invadenti, non se la sentono proprio. Decantano la
loro presenza con parole sottili, minimali, misurate, delicate. Voci di donna,
l'essenza stessa della dolcezza.
Ascoltare questo disco è come
trasportarsi in un mondo diverso, perfetto, elegante.
Mai un'invadenza, mai
un'intromissione malintenzionata. Il nostro corpo non viene mai aggredito. Le
nostre orecchie non vengono mai minacciate. La pace assoluta regna nella nostra
mente. Ci lasciamo trasportare da queste terre che parlano, che non smettono mai
di emanare un qualcosa chiamato canzoni. Quelle canzoni che vorremmo sentire
ogni volta che siamo soli, ogniqualvolta il nostro animo è afflitto da dolori
indicibili. Le canzoni immerse nell'aura di color dorato, ricoperte di
luccicante patina, impreziosite da sapienza terrena.
Un'opera senza
limiti di catalogazione, impossibile da contestualizzare in un filone musicale.
Per farsi definire basta ascoltarla. Con calma e passione. Davanti a un fuoco. A
occhi chiusi. Soli. Ammirando senza profferire una parola. In silenzio.