Black Ox Orkestar

Nisht Azoy

2006 (Constellation)
klezmer, folk, post-rock

Il cosiddetto post-rock è un genere ampio per sua stessa definizione. Al suo interno sono nati e si sono sviluppati filoni sommersi spesso assai lontani l'uno dall’altro, ma che in comune dividono una matrice unica, una certa attitudine più che un suono (quella di rinnegare lo spirito rock: poi, eventualmente, a seconda della band, iniziano a comparire altri elementi come l'operare con un certa freddezza e un certo controllo, l'allontanarsi dalla forma canzone, etc.). Nonostante si cominci a parlare (seppur con scetticismo) di morte del post-rock, e, senza dubbio alcuno, il genere riscontri una certa vecchiaia, tuttora continuano a proliferare i vari sotto-insiemi. Tra questi ve ne è uno che si ricollega al folk e alle musiche tradizionali: come esempio potremmo citare gli ultimi lavori degli A Silver Mt Zion.

Ed è proprio da membri di questa band (nata già come progetto parallelo dei GYBE) che nascono i Black OX Orkestar che, con i loro dischi (questo "Nisht Azoy" è il secondo, preceduto da "Ver Tanzt?" del 2003), si occupano musica klezmer, legandosi dunque alla tradizione ebraica. Ovviamente questo comporta la scelta obbligata di una strumentazione rigorosamente acustica: ma i riferimenti al passato non si fermano qui. Gli stessi brani di "Nisht Azoy", infatti, sono basati o prendono spunto da traditional: tra i credit si fa cenno a canzoni folk ebraiche, a frammenti di canti cecoslovacchi, a danze della Transilvania ed in un caso è utilizzata come testo una vecchia poesia di Melekh Ravitch. Il viaggio comincia sulle note tristi di "Bukharian" e con il suo sapore arcaico e religioso, sottolineato da un coro dimesso e qualche profondo colpo di percussioni. E' poco più di una intro, nonostante venga trascinata per un minutaggio maggiore. "Az Vey Dem Tatn" apre invece il gioco delle litanie accorate con le sue chitarre tambureggianti e il passo scandito, cercando di toccare corde profonde e far respirare l'essenza di un popolo (quello ebraico, appunto).

"Ikh Ken Tsvey Zayn" concede il bis, togliendo però la coralità e scivolando lungo binari maggiormente depressi con la sua andatura ciondolante e trafitta. Sono brani che partono sicuramente da intuizioni di qualità ma che non paiono calibrati al meglio: l'emozione si disperde e non riesce a emergere con prepotenza a causa di un certo leziosismo nella composizione-riproduzione che prevale sulla sostanza e ne sminuisce la portata. Anche gli strumentali (che occupano metà del disco, presentandosi in alternanza con i brani cantati) confermano questa impressione, pur avendo il merito di portare varietà: i fiati fanno capolino nella quasi sbarazzina (almeno rispetto al resto) "Ratsekr Grec", sarabanda che profuma d'Oriente ma presentata col pilota automatico. Meglio fa il paesaggio medievaleggiante di "Dobriden", un bel tema epico per violino, flauto e chitarra, mentre le soluzioni prospettate da "Violin Duet" (gioco di violini diviso in tre parti: la prima con un solo su sfondo in loop, la seconda con dialogo, la terza danza festosa con battiti di mani) non incantano.

Finisce che le cose migliori arrivano verso la fine con l'odissea di "Tsvey Taybelakh", anch'essa contrappuntata da fiati e violini, che, lunghezza eccessiva a parte, riesce a trasportare in un apice di tensione che sarà sciolto dalla traccia finale "Golem" (l'unica composta interamente dalla band) in un lungo e sommesso bagno catartico. I colpi di coda, però, non fanno che alimentare i rimpianti. "Nisht Azoy" non è certo brutto disco, ma non si riesce a definirlo un bel disco senza riserve: questo perché trattasi di un lavoro formalmente ineccepibile, ma che, pure sincero nelle intenzioni, manca di quella capacità comunicativa di, che so, quel "Drinking Songs" inciso da Matt Elliott lo scorso anno. Un vero peccato perché di materiale per fare qualcosa di livello maggiore ce n'era tanto.

13/04/2006

Tracklist

  1. Bukharian
  2. Az Vey Dem Tatn
  3. Violin Duet
  4. Ikh Ken Tsvey Zayn
  5. Ratsekr Grec
  6. Tsvey Taybelakh
  7. Dobriden
  8. Golem

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