Avete presente il compagno di liceo sveglio e belloccio che riesce a scuola senza troppi patemi, e nel contempo colleziona flirt con le più anelate tra le compagne con disarmante nonchalance ? Di quelli che, nessuno sa come, escono splendidamente dalle situazioni più intricate con un sorriso beffardo, tanto da suscitare malcelata invidia ed ammirazione? Jean-Benoit Dunckel, aka Darkel, è la proiezione musicale di questa fattispecie. Frangetta e barba incolta, sintetizzatori vintage a corredo, e un’eleganza trasandata da film d’autore francese d’inizio 70: tutti ingredienti d’appeal che vanno a sommarsi alla non trascurabile circostanza d’essere un membro degli Air, un nome macigno col quale il pop sta facendo i conti quasi da un decennio. Se facciamo un passo indietro, scopriamo che nella produzione del duo francese ci sono stati sì degli alti e bassi, ma mai vere e proprie cadute. Il 2006 ci racconta che questo vale anche per le collaborazioni (ascoltare per credere il delizioso "5:55" di Charlotte Gainsbourg, coi nostri, fra gli altri, nella veste di compositori), ma anche per i progetti paralleli.
Certo, non aspettate di trovare nulla di clamoroso in quest’album, che presenta alcuni dei limiti tipici di chi ormai ha fatto proprio il mestiere. Vi basti però sapere che la collezione d’affreschi pop di "Darkel" non potrà nemmeno essere relegata tout court alla voce manierismo, così come non è da annoverarsi fra le cosiddette svolte epocali. Jean Benoit, insomma, mostra di possederne d’idee, specie quando cerca di ritagliarsi un canzoniere il più possibile distante dell’ingombrante Air-style , per approdare felicemente a un soave pop anni 60. Vanno in questa direzione il delicato singolo "At The End Of The Sky" e la frizzante "My Own Sun", assimilabili più all’ indie-pop trasognato degli Austin Lace che non ai rarefatti intrecci del più noto dei French touch . Intrecci che di contro riappaiono, invero appesantiti da cliché un po’ abusati, nella salmodia floydiana di "Pearl" (ennesima rivisitazione di "Us And Them"), nel downtempo chill-out di "Bathroom Spirit" e nell’atmosferico brano per piano e sussurri "Some Men". Tre fulgidi esempi di come si possa essere allo stesso tempo gradevoli e inutili, per via d’inappuntabili bignamini umorali già sviscerati in passato, in formato duo, dall’abile musicista d’oltralpe.
In mezzo ai due estremi, c’e’ da dire, si trovano a convivere ispirazioni attigue, ma mai esternate prima. E’ il caso dell’accattivante solennità di "Be My Friend", coi suoi fremiti gobliniani, dei contagiosi boogie elettronici "Tv Destroy" e "Beautiful Woman", e del royksoppiano inno proto-ecologista "Earth". La perla nascosta è la struggente ninnananna "How Brave You Are" che, pur essendo con ogni evidenza scippata dal repertorio storico, mantiene intonsa anche la splendida innocenza dei tempi migliori.
"Darkel" contiene qualche flessione ma nessun cedimento, e diversi momenti di cui vale la pena tessere gli elogi. Tutto considerato, non era lecito aspettarsi (troppo) di più.
10/10/2006