Flaming Lips

At War With The Mystics

2006 (Warner Bros.)
pop-rock, psichedelia

Dopo quattro anni, riecco i Flaming Lips.
La band di Wayne Coyne è un'anomalia nel panorama della musica rock: vent'anni di carriera passati a sviluppare standard, idee e sonorità altrui per creare un formato personale grazie ad una miscela perfetta di competenza (tecnica e teorica) e bizzarria (creativa, che permette di aggiungere qualcosa di proprio alle basi e di rifuggere la seriosità).
"The Soft Bulletin", del 1999, aveva segnato forse il punto definitivo di svolta del gruppo: se le istanze garage erano state già abbandonate con il cambio d'epoca, si raggiungeva con quel disco un punto d'approdo tendenzialmente "fermo" nel pop psichedelico.
"Yoshimi", del 2002, rappresentava quasi una storia a sé (o difficilmente proseguibile), aggiungendo loop e groove elettronici alla psichedelia.

"At War With the Mystics" respinge i timori di stilizzazione bloccata della band e si rivela essere il suo, ennesimo, passo a lato.
L'album, presentato come il disco politico dei Flaming Lips (si leggano i testi: la musica sarà funzionale), riporta in primo piano le chitarre: le citazioni affondano negli anni 70 e il formato scelto diviene un pop-rock psichedelico, con rimandi al rock, al funk (o disco-funk) e al soul, alternando morbidezza e spasmo, senza rinnegare tutto ciò che è stato fatto, ma riplasmandolo e aggiungendo/sottraendo qualcosa.
In "The Yeah Yeah Yeah Song" protagonisti sono i vocalizzi che si poggiano su battiti di mano e chitarre scandite. La strumentazione è plasticosa e sfrigolante, la struttura è in crescendo, sicché il brano si lancia improvviso nel cielo stellato, grazie a synth spaziali e controcori a mezzo vocoder.
Il risultato, in debito per metà col funky e metà con i vocal group (c'è anche un solo vocale per falsetto), è trascinante, ancor prima che molto bello e convincente.
"Free Radicals" ("you think you're radical, but you're not so radical, infact you're fanatical") è un numero inatteso e piacevole, recita soul su passo elettronico e fulmini di chitarre, reiterata e a sviluppo sotterraneo.
L'altro grande pezzo, però, della prima parte del disco è "The Sound Of Failure/ It's Dark... Is It Always This Dark??". Il brano è aperto da un arpeggio desolato di chitarra, cantato nel registro "triste" di Damon Albarn (non sarà l'unica voce a essere citata da Coyne, più in là troveremo anche Peter Gabriel), che si apre, bocciolo, in splendidi e brevi riff disco/funk, mordibissimi con sottolineature di flauti, dal sapore estremamente retrò, prima che il finale torni a planare sui territori d'apertura e si chiuda, tenero, con flauto e synth.
"My Cosmic Autumn Rebellion" e "Vein of Stars" ritornano invece sulla via del pop psichedelico, la prima, più vecchia, fra rhodes e cicalii elettronici, un lento etereo con gran solo di chitarra, la seconda su territori palesemente Mercury Rev ("Deserter’s Songs").

Dopo il breve passaggio strumentale di "The Wizard Turns On...", una jam con vaghi richiami post-rock e jazz, ci si reimmerge nel funk.
"It Overtakes Me/The Stars Are So Big...", pulsante e catchy, è esecuzione corale (con gran varietà di voci modificate, dal gutturale al petulante), quasi gospel, con tanto di battiti di mani, scossa da chitarre "toste" e saltellanti.
La seconda parte del brano cambia però totalmente volto, riprendendo le parentesi catartiche degli Yes di "Close to the Edge". "Mr.Ambulance Driver" fa anche meglio (andando a far parte dei tre/quattro pezzi di livello superiore del disco, che pure mantiente uno standard medio molto alto, non essendo presente alcuno scarto) sfruttando la carta della semplicità, canzone leggera e melodia perfetta, caldo abbraccio con sirena in sottofondo.
Allo stesso modo semplice e tendenzialmente immortale è l'anthem, vagamente Who, "The W.A.N.D.", hard-rock con colpi d'organo, sparato come da un cannone, non troppo veloce per permettergli la giusta scansione e carica da stadio.
Ciò che segue non abbassa però più di tanto il livello.
"Pompei Am Götterdämmerung" si snoda con il suo emozionante carico d'epos su di un basso sostenutissimo, chitarre, organo e flauto con pungolii di elettronica, pronta a narrare la storia di una coppia che pianifica un suicidio, tra aperture liriche e assalti rock.
Il disco potrebbe chiudersi qui, e "Goin' On", infatti, è una pura ballata pianistica di chiusura, atta giusto a far stemperare la tensione accumulata dal brano precedente.

Come si diceva all'inizio, abbiamo dovuto aspettare quattro anni, e mai i Flaming Lips si erano fatti attendere così a lungo. La mossa è stata più che azzeccata: il tempo passa inesorabilmente e per raggruppare e sviluppare al meglio le idee se ne impiega, fisiologicamente, di più.
Quando il risultato è un "At War With the Mystics", bisogna solo applaudire.
I Flaming Lips non avranno più la brillantezza dei giorni migliori ma dimostrano di resistere all'usura e di poter sfornare ancora dischi pregni, scritti e suonati con gran qualità, mescolando in equilibrio perfetto la propria classe e riferimenti ancor più prosaici del solito (proprio per questo ci potranno essere stormi di indie-depressi che si lamenteranno, ignorateli bellamente).
Rassegnamoci: questi qui un disco brutto non son buoni a farlo.
Il voto è un pizzico largo, ma è giusto così (non foss'altro per la quantità di spunti presenti). Giù il cappello.

11/04/2006

Tracklist

  1. The Yeah Yeah Yeah Song... (With All Your Power)
  2. Free Radicals (A Hallucination of the Christmas Skeleton Pleading with a Suicide Bomber)
  3. The Sound of Failure / It’s Dark... Is It Always This Dark??
  4. My Cosmic Autumn Rebellion (The Inner Life as Blazing Shield of Defiance and Optimism as Celestial Spear of Action)
  5. Vein of Stars
  6. The Wizard Turns On... the Giant Silver Flashlight and Puts on His Werevolf Mocassins
  7. It Overtakes Me/The Stars Are So Big... I Am So Small... Do I Stand a Chance?
  8. Mr.Ambulance Driver
  9. Haven’t Got a Clue
  10. The W.A.N.D. (The Will Always Negates Defeat)
  11. Pompei Am Götterdämmerung
  12. Goin' On