Adam Green

Jacket Full Of Danger

2006 (Rough Trade)
songwriter

Trenta minuti.
In trenta minuti Adam Green si ripresenta di nuovo con la sfacciataggine di sempre, portandoci sotto il naso il suo essere naïf, fuori dal mondo, proponendoci quel pastiche intellettualoide e schizzato a cui ha abituato il suo pubblico.
In trenta minuti Adam Green scrive le sue più noiose pagine masturbatorie, incorniciandole in quelle che sono le più belle pagine musicali della sua carriera.

La contraddizione è l’anima del disco.
Nella sua bizzarria il signor Green ha trovato sempre gente disposta ad ascoltarlo, perché la sua era una voce particolare, unica, fuori dal coro e dalla normalità. Non che sia una fine penna di critica sociale, tutt’altro: Adam è un cazzone di prima categoria, che scrive di cazzate, puttane, masturbazioni e peli pubici. E’ un tipo da canottiera sporca sempre, campione di rutto libero nel free-time, abbonato alla sbronza del venerdì sera.
Il suo problema e la nostra fortuna è che riesce a descrivere questo weird world col tono del sarcasmo, della presa per il culo, e con la snobberia di chi sa di saper fare musica. E qui si arriva al punto secondo: “Jacket Full Of Danger” rappresenta la piena maturità musicale di Adam Green, che trova un insperato equilibrio tra Jim Morrison e Scott Walker.

Non si sta scherzando, non siamo abbonati alla caccia all’erede di chicchessia e siamo ancora abbastanza sobri da non pensare a tali eretiche comparazioni. La voce del nostro ha sempre percorso quelle strade di periferia blues (Morrison) e pop teatrale (Walker), lambendo anche inflessioni da sfigato colto alla Cohen finalmente giunto al suo capolinea, evitandoci ennesimi esperimenti che finivano per essere solo mere imitazioni.
A maturità non è giunta solo la voce, ma anche la caratura musicale del cantautore tuttofare newyorkese. Ormai fine arrangiatore, capace di mescolare con la disinvoltura dei numero uno i più diversi generi musicali, Adam Green trova nelle orchestrazioni pompate con archi il suo locus prediletto. A sentirlo, distante e distaccato, la proposta musicale sembra colta, tra operetta e jazz, tra cabaret blues e cantautorato intellettuale.

Venendo brevemente allo specifico "Pay The Toll" rappresenta il ponte musicale con il precedente "Gemstones": cantautorato pop con forte attenzione alla melodia catchy - ed è una delle poche concessioni del nostro Green all’ easy listening , al ritornello facile da cantare e ricantare.
C-Birds è un blues malato con declinazioni orientali e un finale ubriaco e paranoico alla Lanegan; "Nat King Cole" è il primo singolo del disco e uno dei brani più lunghi con i suoi due minuti e mezzo: colpisce per il suo essere così sfacciatamente Doors-eggiante, voce e giri di tastiere incluse.
"Cast A Shadow" potrebbe essere stata scritta da Calvin Johnson vent’anni fa, melodia minimale ripetuta ad libitum. La doppia chiusura del disco è affidata a "White Women", che si ricolloca in quei territori blueseggianti rumorosi e malati tra Eels e ancora Lanegan, e al cabaret delicato e spensierato di "Hairy Women".

Tirando le somme, Adam Green rinnova la sua formula musicale, trovando la quadratura della sua proposta. Meno vario e meno melodico dei suoi lavori precedenti, "Jacket Full Of Danger” è la maturità di un venticinquenne che non vuole crescere, ma che rischia, alla lunga, di annoiare. Per il momento ci accontentiamo così.

06/04/2006

Tracklist

  1. Pay The Toll
  2. Hollywood Bowl
  3. Vultures
  4. Novotel
  5. Party Line
  6. Hey Dude
  7. Nat King Cole
  8. C-Birds
  9. Animal Dreams
  10. Cast A Shadow
  11. Drugs
  12. Jolly Good
  13. Watching Old Movies
  14. White Women
  15. Hairy Women

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