Shearwater

Palo Santo

2006 (Misra / Fargo)
alt-folk

Lignum vitae. L’albero della vita. Un nome che sembra provenire dal cuore stesso dell’Eden. Così è stata battezzata la pianta dai fiori azzurri che diffonde il suo profumo d’incenso nei boschi delle isole Galápagos. Palo santo, lo chiamano gli spagnoli.
Lo sguardo di Jonathan Meiburg, tastierista degli Okkervil River e anima degli Shearwater, è stato catturato dalle fronde di quell’albero durante uno dei suoi viaggi ai confini del mondo, alla ricerca della ragione per cui ogni essere vivente sembra destinato ad abitare un determinato luogo della terra. La scienza la definisce biogeografia. La vera passione di Meiburg, però, è l’ornitologia. E non a caso è sul nome di un uccello marino che è caduta la sua scelta quando ha deciso di fondare una band insieme a Will Sheff degli Okkervil River: Shearwater, dove il tema dell’acqua compare come un invisibile legame tra i due gruppi.

Ma l’etichetta di progetto parallelo suona ormai stantia per gli Shearwater: al quarto appuntamento, per la band di Austin è giunto il momento di dispiegare le ali sull’oceano. Il lessico di "Palo Santo" non ha più bisogno di referenze: sa afferrare l’essenza del proprio impianto folk e trasfigurarla con impeto in un’eterea elettricità.
Meiburg conquista così il centro della scena, riservandosi per la prima volta la scrittura e l’interpretazione di tutti gli episodi del disco. Eppure, l’avvicendamento con la voce inconfondibile di Will Sheff non fa sentire la sua mancanza, grazie alla sorprendente crescita del registro espressivo degli Shearwater: dove prima c’era la tendenza a una fragilità monocorde, ecco comparire ora una magnetica padronanza di linguaggio, che solo in parte poteva essere intuita in alcuni momenti del precedente Ep "Thieves" e che ha ben poco da invidiare alle pecore nere degli Okkervil River.

Echi di un’altra dimensione sembrano insinuarsi nel silenzio della creazione sotto forma di onde radio, interferenze dello spirito dell’Eden di Mark Hollis. Le prime note del piano si riverberano come gocce sulla superficie di uno specchio d’acqua nebbioso. La voce di Meiburg affiora sottile ed evanescente, per poi emergere all’improvviso in tutto il suo vibrante slancio tenorile. Solo a quel punto nasce la melodia, accarezzata da un notturno per pianoforte e ferita dalla voce del violino. È "La Dame Et La Licorne", figura da bestiario medievale in cui l’unicorno diventa allegoria di purezza e ambiguità, come nel celebre ciclo di arazzi sull’amore cortese cui Tracy Chevalier si è ispirata per il suo omonimo romanzo, "La dama e l’unicorno".
Ed ecco arrivare minaccioso il ritmo martellante della batteria di "Red Sea, Black Sea", che dà vita a un minuetto robotico di pulsazioni di tastiere. Sotto l’incalzare del banjo la voce di Meiburg, più stentorea che mai, si innalza in una visceralità degna degli Arcade Fire. "Volevo un disco più oscuro, strano e disturbante", confessa Meiburg. E quello sfogo metallico che sembra sgorgare dal cuore di Conor Oberst è il segno più eloquente del nuovo corso degli Shearwater.

Angelico e spettrale al tempo stesso, "Palo Santo" si dipana tra uno spleen radioheadiano come quello della title track e improvvise vampate in cui la voce di Meiburg insegue le vie di Jeff Buckley e Antony, assottigliandosi e riprendendo vigore a seconda del flusso emotivo. Non sorprende scoprire all’interno del disco la dedica a Christa Päffgen, meglio nota come Nico: nel desolato struggimento che avvolge brani come "Nobody", "Failed Queen" o "Going Is Song" si può riconoscere l’ombra crepuscolare della chanteuse teutonica, sfiorata da rarefatte astrazioni figlie dei Talk Talk. "C’è una sorta di suono frantumato e organico, come edera che cresce su una porta", osserva Meiburg.
Ma "Palo Santo" si mantiene continuamente inquieto, senza mai concedersi un momento di distensione, dall’enfasi di "Johnny Viola" alle distorsioni di "Hail, Mary", passando attraverso la ninnananna banhartiana di "Sing, Little Birdie". Il riff elettrico di "White Waves" sembra venire da un Keith Richards narcotizzato, mentre i marcati accenti di pianoforte di "Seventy-Four, Seventy-Five" richiamano alla memoria le stagioni piovose di John Cale. Con l’apporto del contrabbasso di Kim Burke, della batteria di Thor Harris e del polistrumentista Howard Draper, Meiburg riserva cicatrici elettriche, sprazzi di tastiere, tintinnii di glockenspiel, gemiti di violino, folate di tromba.

Per Meiburg il mondo si divide tra chi considera il canto degli uccelli come un rumore e chi lo considera come una musica: "Palo Santo" è una segreta ricerca di quella musica custodita dalle profondità della natura. "There’s something singing in the ice / In the deepest part of the world", rivela il songwriter americano in "White Waves". Gli Shearwater inseguono una lingua perduta, capace di mettere in comunione il creato. "Se potessi scegliere un superpotere", afferma Meiburg, "vorrei essere capace di parlare con gli animali". Non c’è da stupirsi, allora, se le liriche di "Palo Santo" appaiono a tratti oscure e indecifrabili. "Voglio suggerire le cose invece di dirle esplicitamente, offrire qualcosa che faccia sentire attratti e respinti al tempo stesso. Amo i dischi in cui la voce ti si fa vicina per poi scomparire all’improvviso, in modo che tu possa percepirne solo qualche brandello. È una sorta di anti-karaoke".

"Palo Santo" è questo continuo percuotere l’anima e svanire nel nulla, secondo i battiti del cuore del mondo. "If you could ring the sky like a bell / Even such a sound would never suffice / If you could bang the world like a drum / It would only show that it’s hollow inside", proclama l’ incipit di "Johnny Viola". Ma non è vuoto, il silenzio che si respira tra le note degli Shearwater: il suo sussurro è l’inizio di un viaggio dalla mèta sconosciuta. Il sogno di Jonathan Meiburg è che possa condurre nella natura incontaminata di un’isola sperduta, con l’intera popolazione del luogo ad ascoltare la sua musica. Una stanza sarebbe sufficiente per accogliere tutti, e sarebbe come racchiudere l’oceano in una conchiglia.

12/06/2006

Tracklist

1. La Dame Et La Licorne
2. Red Sea, Black Sea
3. White Waves
4. Palo Santo
5. Seventy-Four, Seventy-Five
6. Nobody
7. Sing, Little Birdie
8. Johnny Viola
9. Failed Queen
10. Hail, Mary
11. Going is Song

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