Xela

The Dead Sea

2006 (Type / Wide)
glitch-folk

Decisamente inquietante, il terzo lavoro di Xela, progetto musicale tra i più interessanti degli ultimi anni, portato avanti da un giovanotto di Manchester dai capelli rossi, John Twells. Inquietante nelle premesse, che indicano nei film horror italiani degli anni 70 (e nelle relative soundtrack ) una delle maggiori fonti di ispirazione per Xela. Ma inquietanti anche le sonorità, la copertina, la desolazione di un album che si propone di stupire con garbo. Colpendo grazie alle sue armi elettroniche ma, più spesso, grazie alla forza di una chitarra acustica.

Un concept sul mare, sugli aspetti più macabri e tristi legati all’enorme massa d’acqua. Individui risucchiati dalla corrente, fari notturni in lontananza, onde lente che sommergono tutto indistintamente. "The Dead Sea" si mostra come un unico flusso sonoro dove Xela scopre il folk, spavaldo e geniale nell’inserire frammenti di chitarra acustica in una selva di artifizi elettronici. Se in "For Frosty Morning and Summer Nights" era evidente l’uso smodato di qualsivoglia effetto dronico, e in esso risiedeva per l’appunto la sintesi stessa dell’album, con questo lavoro Twells prende coscienza della complementarietà del folk con il suo genere musicale. E allora le creazioni di Xela diventano splendide, come la commovente "Wet Bones", dove un giro scarno ed essenziale di chitarra appare all’improvviso, oppure come nella trascinante marcia da giungla "Savage Ritual".

Le due anime, folk ed elettronica, convivono perfettamente in "The Dead Sea", trovando una congiunzione magica man mano che l’album avanza. La cupissima "A Floating Procession" e "Linseed" sono veri e propri capolavori di fusione dei due generi. Ma su tutto domina il tetro microcosmo dell’orrore di Xela, una complessità ineluttabile dell’esistenza, la desolazione senza fine del mare, orizzonte dove ogni uomo può interrogarsi su di sé. E nella testa ronzano pensieri di ogni tipo, gli stessi che sono alla base della favolosa "Humid At Dusk".

Fortunato venditore di sé stesso, creatore della label Type, autore di progetti paralleli come Yasume, John Twells, è il prototipo di come si può restare fedeli alle proprie passioni, alimentandole e dando alla luce prodotti musicali validissimi. Un disco sincero, onesto e intenso, ma forse non da ascoltare di fronte al lago di Loch Ness…

14/02/2007

Tracklist

  1. The Gate
  2. Linseed
  3. Drunk on Salt Water
  4. Wet Bones
  5. Creeping Flesh
  6. Savage Ritual
  7. A Floating Procession
  8. Sinking Cadavers
  9. Humid At Dusk
  10. Watching A Light In The Distance
  11. Briefly Seen
  12. Never Going Home

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