Dopo uno svariato numero di lavori come video-artista, esperienza che le ha permesso di interiorizzare una discreta sensibilità elettronica, l’austriaca Cherry Sunkist approda alla carriera musicale nella vena del più scafato electroclash, dopo un Ep su cd-r del 2006 e un paio di comparse su compilation. "Ok Universe" - questo il titolo del debutto su lunga distanza - spazia dunque da dance-punk sguaiati a bozzetti elettronici a tecnica mista, anche se questa versatilità spinta non comprende ancora vere credenziali di originalità.
L’album attacca con un lento coacervo di suoni quasi psych e voce campionata, per poi partire con un battito veloce che però rimane solo accennato. In "Age Delay" quegli stessi suoni e quello stesso battito assumono registri di micro-trance avvolgente, con effetti noise e giochino electro sparsi, e nella seguente "Nameless Dogs" il tutto si dirige verso il collage, per poi sfociare in elettropunk di suoni mutevoli, effetti a cascata e canto filtrato alla Chicks On Speed. "One, Two, Three, Four", pur nella sua breve durata, riesce a sfoggiare un pattern un minimo creativo, una mistura di deformazioni aliene, canto smaterializzato e distorsione aeriforme.
Le tracce con qualcosa da dire (o peggio da accennare) finiscono qui. "Energy" capitombola nel dance-rock alla No Doubt, appena sporcato da filtri e effetti electronoise; "Control", anche peggiore, è una cantilena tediosa techno-dance. "I Don't Know Who You Are" si fregia di suoni horror e di un battito quasi motorik-kraut, ma poi plana su una lagnosa linea r’n’b e beat più convenzionale, e "Cake" è un piatto pattern digitale lievemente sardonico. Rimane una "Hello", un ambience-groove in subfrequenza, e "People Don't Belong To People", un altro ambient con interferenze eterogenee e distorsioni quasi cosmiche (la cui durata è però decisamente esigua).
Da una parte stanno i brani cantati, che si confondono uno con l’altro, dall’altra gli ammassi di suoni talmente eccentrici e casuali da dilagare triviali, o i brani strumentali, talmente poco approfonditi da scadere in fantasmi d’idee incompiute. Cherry Sunkist si fa agile quando trova lo strillo erotico mascherato da slogan incazzoso, e s’impapera quando deve arrangiare il tutto; tra goffaggini parodistiche e dichiarazioni d’invidia creativa, insegna a sorridere di un genere deficitario per definizione. La produzione della 22.Jahrhundertfuchs, nuovo archibugio del german touch, fa faville. Vero nome: Karin Fisslthaler.
06/02/2008