Francesco Cusa Skrunch

L’arte della guerra

2007 (Improvvisatore Involontario)
jazz-rock
6.5

"L’arte della guerra", a due anni di distanza da "Psicopatologia di un Serial Killer", è una doppia conferma del Francesco Cusa compositore. Da una parte, il batterista siculo conferma che la sua torrenziale e multiforme attività sa anche dirigersi in una direzione di più intelligente meditazione creativa (non d’incontinenza discografica), dall’altra ribadisce il suo ruolo di eccentrico jazzista alle prese con un discorso quasi filosofico. Per l’opus numero due del progetto Skrunch, dedicato a un tema doppiamente delicato, come quello della guerra e della scoperta del suo germe, Cusa aggiunge alla sua batteria un sestetto composto di chitarra elettrica (Paolo Sorge) e baritona (Carlo Natoli), in luogo del più tradizionale basso, tromba (Riccardo Pittau), sax baritono (Beppe Scardino), trombone (Tony Cattano) e percussioni (Dario De Filippo).

Si parte con un tipico brano-overture fatto di droni collettivi (rullate di percussioni, note tenute in progressione) su cui si erge solenne ma inquietante una declamazione-incitazione di voce deformata. Il primo brano rilevante è però il successivo "Afrodionisiaco", una danza in forma di jam che incrocia tre riferimenti di lusso: il rifforama jazz-rock enigmatico del Davis di "In A Silent Way", le fanfare sardoniche dello Zappa di "Waka/Jawaka" (ma anche con punte di Kusturica) e le devastazioni collettive del Mingus di "Black Saint And The Sinner Lady", coagulando il tutto con vaghe inflessione prog-sinfoniche. "Alljazzera", una suite in tre parti, innalza il livello di complessità; dapprima flirta nuovamente con la fusion storica (Weather Report circa "Black Market"), quindi indulge in decomposizioni ritmiche di batteria e percussioni a incastonare una jam per tromba (e una soundscape che cambia di continuo); nella seconda parte l’ambience degli strumenti in sordina incornicia glissando farfuglianti di chitarra; nella terza il tutti orchestrale libera una samba incalzante.

"Quel giorno in cui J.J. Cale si svegliò senza una gamba" è un’altra pregevole jammata che inizia con un vaneggio sospeso di chitarra e si lancia in un moto perpetuo percussivo che si addensa via via di soli di sax, contorsioni del piano elettrico, nuovi riff fusion della chitarra baritona, fino alle fanfare e all’esplosione della chiusa. "Opinioni di un clown", più sbrodolata, è quasi jazzcore sinfonico, imprendibile nelle sue mutazioni d’atmosfera e nelle sue improvvisazioni caotiche su dissonanze "metalliche" del piano, e "Escape From Pussyland" è un’altra danza funky sincopata che si occupa di amalgamare cori di ottoni inizialmente fuori fase. "Epilogo", la versione pacata e ancor più austera del "Prologo", chiude il cerchio dell’insieme.

Nella saga a capitoli del Cusa più materico, ribollente e capriccioso che si possa immaginare, ripartono a tutta birra i prestiti letterari (il titolo e il discorso deforme del "Prologo" sono presi di sana pianta dall’eponimo testo di Sun Tzu, il primo e unico testo di filosofia teoretica bellica), ben oltre la forma del classico concept, che dal serial-killer ambiscono a tradursi in poesia mesta nel bel mezzo del marasma postmoderno. Non essendo Mingus, Cusa affida all’ascoltatore molte delle connessioni musica-messaggio extra, ma l’assetto compositivo, maggiormente democratico rispetto all’opera precedente, stavolta si fregia dell’intricata boscaglia delle percussioni; perde praticamente sempre il filo del discorso (spesso questo è il bello della sua estetica), e apposta finisce per amalgamarsi con fascino all’intero assetto sonoro.

22/01/2008

Tracklist

  1. Prologo
  2. Afrodionisiaco
  3. Escape From Pussyland
  4. Quel giorno in cui J.J. Cale si svegliò senza una gamba
  5. Alljazzera
  6. Opinioni di un clown
  7. Epilogo

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