Bark Hide And Horn

National Road

2008 (Boy Howdy)
alt-rock

Addormentarsi davanti a un televisore acceso, mentre sullo schermo scorrono le immagini di un vecchio documentario di Jacques Cousteau. Addormentarsi e sognare, sognare una storia popolata di insetti e mammiferi, etologi ed esploratori. Sono proprio così, le canzoni dei Bark Hide And Horn: un viaggio verso destinazioni imprevedibili, la scoperta di un ecosistema di racconti e metafore che parte dal mondo della natura per arrivare a costruire un visionario collage dell’America.
Il disco d’esordio della band di Portland, capitanata da Andy Furgeson, si presenta come un vero e proprio concept, ispirato nientemeno che ad una vecchia collezione di numeri del “National Geographic”: il protagonista è Melville Bell Grosvenor, direttore della rivista tra il 1957 e il 1967 e nipote del pioniere del telefono Alexander Graham Bell. “Volevo scrivere un’epica americana”, racconta Furgeson, “in cui alla fine della carriera di Grosvenor il fantasma di suo nonno, Alexander Graham Bell, gli fa visita e gli apre gli occhi su tutta la sofferenza nascosta sotto la superficie della rivista. Così, Grosvenor intraprende un viaggio mistico in cui si immedesima in differenti prospettive, fino ad un momento di epifania finale che lo manda in frantumi”.
Uno spunto non esattamente usuale per un disco, ne converrete. Eppure, nei brani di “National Road” i Bark Hide And Horn dimostrano di saperlo interpretare con la giusta dose di convinzione ed ironia, riuscendo a coinvolgere anche quando a prima vista l’immedesimazione sembrerebbe a dir poco improbabile.

“Un’orchestra folk-rock”: così amano definirsi i Bark Hide And Horn. Una formazione compatta che vede al fianco di Furgeson il basso di Peter Valois e la batteria di Dusty Dybvig, con l'apporto del polistrumentista Brian Garvey. Le influenze a cui dichiarano di ispirarsi partono dall'“Anthology Of American Folk Music” per arrivare fino al Dylan dei “Basement Tapes” e agli Stones di “Beggars Banquet”. Ma ascoltando la loro musica, dai vibranti sussulti elettrici di “Change It” alla tirata incendiaria di “Jacques Cousteau”, passando per il blues implacabile della title track, viene più da pensare ai Neutral Milk Hotel, infettati dallo spirito degli White Stripes. A parte, ovviamente, il fatto che né Jeff Mangum né Jack White sembrano avere mai avuto una particolare passione per l’etologia…
Ecco allora lo spiritual ad voltaggio di “This Abdomen Has Flown” innalzarsi con viscerale coralità per raccontare il grido di riscatto di una formica del miele (!), costretta dalla sua stessa natura a fungere da dispensa vivente per le formiche operaie. Ma c’è sempre un sorriso sulle labbra, a sdrammatizzare le visioni del rapporto tra uomo e natura di “National Road”, con un gusto per la narrazione degno del miglior Colin Meloy: basta ascoltare le esplosioni di “Ham The Astrochimp”, in cui il primo scimpanzé lanciato in missione nello spazio si sfoga per l’accoglienza ricevuta al suo ritorno, rinchiuso in uno zoo invece di essere trattato come un eroe.

L’alternarsi di intimità e caos raggiunge il vertice in “Perfect World”, con la voce di Furgeson che avvicenda sfumature in chiaroscuro e stridule asprezze, in un crescendo scandito dal basso ed incalzato dai fiati. La romantica filastrocca di “Treasure Of The Everglades”, con una tromba rubata agli Okkervil River a sottolineare il dipanarsi della melodia, dà voce alla dichiarazione d’amore di una lumaca, conferendole un senso di caducità che assume un orizzonte universale: “Do you ever feel like you’re dying?/ If we were the last of our kind/ Would you give me all of your time?”. Il paragone con il gruppo di Will Sheff e soci, del resto, è un riferimento che si affaccia in maniera ricorrente tra le tracce di “National Road”, a partire dall’iniziale “Quake & Crumble” per arrivare fino alle atmosfere desertiche di “Wetherill Mesa” ed all’arpeggio di “Trumpeter Swan”.
I brani dei Bark Hide And Horn cambiano continuamente pelle lungo il cammino: “Grandfather” parte come un delicato carillon per poi prendere il ritmo di una locomotiva in corsa, evocando la figura severa di Alexander Graham Bell come spirito guida del viaggio. Quella di “National Road” è un’avventura alla ricerca dell’anello di Re Salomone, la chiave segreta della comunicazione tra l’uomo e la natura. Una lingua che solo chi riconosce l’essenza misteriosa della realtà può apprendere: “The mystery ain’t there anymore / It’s a terrible waste”, piangono gli antichi abitanti del Colorado in “Wetherill Mesa”.

Dietro le pagine ingiallite del “National Geographic”, dietro le storie tratteggiate nei delicati disegni dell’artwork, si nasconde un carico di emozioni di cui il vecchio direttore della rivista non aveva mai nemmeno immaginato l’esistenza. E la rivelazione che scuote le sue certezze è semplice come uno sguardo pieno di stupore nei confronti del creato: “I have heard all what’s screaming from underground/ Now I kneel at the heel of the great creation”.
È uno strano sogno, il documentario dei Bark Hide And Horn: il sogno di una formica ribelle, la fantasia di una lumaca innamorata, il desiderio di un uomo alla riscoperta del proprio volto. Al risveglio, potreste ritrovarvi senza nemmeno rendervene conto con un abbonamento al “National Geographic” tra le mani…

13/10/2008

Tracklist

1. Quake & Crumble
2. Change It
3. Grandfather
4. This Abdomen Has Flown
5. Treasure Of The Everglades
6. National Road
7. Jacques Cousteau
8. Wetherill Mesa
9. Ham The Astrochimp
10. Trumpeter Swan
11. Up & Over
12. Perfect World
13. Melville, My Boy
14. Curtain Call

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