Colour Haze

All

2008 (Elektrohasch Records)
stoner, psych-rock

I Colour Haze sono nati a Monaco di Baviera nel 1994 dal genio del cantante e chitarrista Stefan Koglek e del batterista Tim Höfer, sganciatosi poi dal gruppo a fine anni Novanta per formare gli UGH! con il bassista Christian Sonnberger. Dopo una manciata di album altalenanti, incisi con case discografiche minori tedesche, i Colour Haze divengono la punta di diamante della scuderia Elektrohasch Records (la stessa di Josiah e Hypnos 69) specializzata in stoner-rock, con forti richiami kraut e hard-psych. Dopo il discreto successo del loro album omonimo targato 2004, influenzato dalla tradizione tedesca, unita alle ritmiche southern-rock e al blues psichedelico di Hendrix, trovano una giusta alchimia e incidono "Tempel" nel 2006, in cui arrivano a concentrare, in tracce più brevi rispetto al passato, la summa del loro incisivo sound.

"All", album prodotto nel 2008, ha in sé entrambe le facce storiche dei Colour Haze: oltre a brani stoner alla Kyuss, troviamo momenti più melodici, certamente condizionati dall’esperienza di band come King Crimson, Humble Pie e Traffic. L’album è perfettamente diviso in due parti: alla prima, ricca di overdrive chitarristici e di riff hard-rock, con una batteria onnipresente a dettare i cambi di ritmo, si contrappone una seconda diluita in un mare di acidi lisergici, con qualche esplosione sonora improvvisa a spezzare le armoniche trame chitarristiche.

Le canzoni sono figlie della tradizione jam-session tipica dello pysch degli anni 60: la batteria di Manfred Merwald crea la base per lasciare libero sfogo alle ritmiche di basso (suonato da Phillip Rasthofer) e per dar possibilità espressive alle svisate senza troppi fronzoli di Koglek, allievo tanto delle timbriche di Hendrix quanto della compattezza sonora dei Creedence Clearwater Revival e dei Mountain di West-Pappalardi. La voce, dello stesso Koglek, all’interno del gorgo sonoro dei tre musicisti, si va a inserire, con il suo timbro acuto, nei solchi strutturali e nei crescendo strumentali.

Meravigliosa è "Turns", una sorta di "Little Wing" contemporanea, evocativa ed emozionante nei suoni reverberati e nei suoi bending d’altri tempi. Un suono che riporta indietro di qualche decennio, un modo di concepire musica completamente al di fuori delle mode.
"All" ci offre anche altri momenti suggestivi: l’impeto del singolo "Moon", particolarmente adatto per la resa dal vivo, grazie alla sua sinuosità iniziale e alla sua incisiva fuga hard-rock finale; la title track, esempio massimo della versatilità del terzetto tedesco, è capace di portarci inizialmente nel mondo del Peter Green più tranquillo e acido, per poi scaraventarci a colpi di distorsione in una furiosa divagazione dominata da un basso onnipresente; la conclusiva e anfetaminica "Remains" è una silente e ponderosa esperienza per chitarra "soporifera".

"All" è un discreto disco, che pecca forse di una troppo prevedibile evoluzione sonora e di un’eccessiva carica evocativa che, inevitabilmente, richiama alla mente nomi importanti del passato; talmente importanti da far rimanere la band all’ombra dei suoi illustri predecessori e ispiratori.

I Colour Haze si confermano gli eredi dei vecchi terzetti psichedelici da festival fine anni 60: la loro è comunque una musica accogliente, calda come una sciarpa di lana vergine, e viscerale; utile per rilassarsi all’ombra della fotografia di Hoffmann, con una beatlesiana "RocketLamp" a illuminare il poster dei Nirvana. Attitudini che si mischiano, generi che si fondono, una fucina di sperimentazioni sonore: la Germania è sempre la stessa, fortunatamente, dai magnifici tempi degli Amon Duul. Anche se gli anni, a ben vedere, passano per tutti.

09/02/2009

Tracklist

  1. Silent
  2. Moon
  3. Turns
  4. Lights
  5. If
  6. Stars
  7. All
  8. Fall
  9. One
  10. Remains

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