Howlin' Rain

Magnificent Fiend

2008 (Birdman)
acid rock, southern rock
6.5

Come al risveglio da un trip acido, coi colori sgargianti che gocciolano e sbiadiscono nelle spelonche delle pupille, mentre la realtà torna a mostrare i suoi naturali, aridi, inospitali contorni. Un viaggio allegorico nelle terre dell’ovest ancora popolate dai fantasmi delle perdute stagioni musicali: acid-rock, psichedelica, west-coast sound, si, ma anche il blues dei coltivatori di cotone e gli inni chiesastici dei raccoglitori di frutta di “Furore” che si mescolano all’asfalto noir di Thompson e Cain.

We are only slave to out master memories/ staggering through the days to yield the seeds of the golden age. 

Ethan Miller, frontman dei Comets On Fire, già pionieri della neo-psichedelia californiana, non lascia, anzi raddoppia le sue ambizioni in questo nuovo spin off: secondo album in due anni, dopo l’ottimo “Howlin’ Rain” e formazione omonima che passa da tre a sei elementi (particolarmente pregnante, in questo senso, l’inserimento del polistrumentista Joel Robinow).
Un’architettura da big band che si snoda fra jammin’ strumentali, digressioni jazz (d’altronde “ogni cosa che abbia più di tre accordi è jazz”, sostiene Lou Reed), cambi in corsa di tempo e di riff, abluzioni oniriche, senza mai smarrire la soda, scultorea compattezza di una forma -canzone che marcia imperterrita verso orizzonti misteriosi, consumando passo, passo le suole del passato.
I testi (dello stesso Miller), poi, insolitamente forbiti e ispirati nel loro genere, arricchiscono la costruzione ossimorica con epici scorci di letteratura pulp o simbolici rapimenti trascendentali spesi in contemplazione dello scenario selvaggio e lussureggiante della bassa California.

Rubinow dà sfogo alla sua vena più melanconica nell’ouverture quasi cool jazz di “Requiem”, prima di lasciare campo libero al rave up hard/prog/r’n’b di “Dancers At The End Of Time”, sospinto da tsunami di Hammond, tumide distorsioni settantesche, ruggiti shout alla Steve Marriott ed esiziali break acustici. “Calling Lightning Pt. 2” è un southern rock/blues melodico, marziale e cingolato su scansioni degne dei Creedence Clearwater Revival, opportunamente espanse dalle variazioni del piano jazzato e da slide psichedeliche. “Lord Have Mercy” tempra un hard-soul dall’andatura sincopata, col piano boogie e l’Hammond spumeggiante (entrambi di Rubinow) in piena evidenza, che divampa in un raga di osanna liberatori nella seconda parte pressoché strumentale.

“El Rey” è un roco shuffle disfatto da circonfusioni jazz/prog (affidate al solito Rubinow) e ricomposto in una salva di ottoni nel crescendo soul del ritornello. “Goodbye Ruby” sfodera un hard-blues venato di funk (nel wah gracidante della chitarra di Miller) e puntellato dalla consapevolezza metalinguistica di chi rielabora un patrimonio ormai “classico” ("I sit here all alone but i would never sing this kind of songs") in un dedalo di assoli e controtempi che s’inerpicano fino all’epico finale. “Riverboat” alita un folk rock/blues in stile Band, che nel ritornello disserra armonie west-coast languide e cave come le entrate d’un formicaio e si conclude in un feedback che brucia come un torrente di fuoco squarciando le anse del (non)tempo e riportandoci così bruscamente ai giorni nostri.

Tail wind carry the birds to the coast to watch the cloud roll along/ Pollen and pitch whisper the scripture of kings in a tongue only spoken by ghosts.

08/05/2008

Tracklist

  1. Requiem
  2. Dancers At The End Of Time
  3. Calling Lightning Pt. 2
  4. Lord Have Mercy
  5. Nomads
  6. El Rey
  7. Goodbye Ruby
  8. Riverboat

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