Diciamoci la verità: non era lecito aspettarsi un secondo grande disco da parte dei Pigeon Detectives e così inevitabilmente è stato. Il giovane gruppo di Leeds riuscì con l’esordio “Wait For Me” (dato alle stampe giusto un anno fa) a scalare le charts d’oltremanica, mettendo a frutto una scaltra forma di parassitismo ideale ai danni dei concittadini Kaiser Chiefs (in affanno evidente a causa di un disco sottotono e troppo barocco) che pure li avevano inizialmente tenuti a battesimo scegliendoli come gruppo spalla. La ricetta rispetto al passato non subisce modifiche di rilievo, semmai si consolida: britpop dalle movenze fin troppo classiche e controllate, giocato su intrecci vocali di facilissima presa e melodie pulite all’ombra di Supergrass, Jam, Housemartins e Squeeze. Il gruppo di per sé sa scrivere una sola canzone (e questo spiega l’eccessiva omogeneità del lavoro) e a vivacizzare un minimo l’ascolto pensano allora piccoli accorgimenti in sede di arrangiamento (ottima ad esempio “I’m A Liar”) che non possono però, almeno per ora, essere letti come segnali netti di una possibile volontà di sviluppo e maturazione.
Forse dal vivo il gruppo riesce a dimostrare buone qualità e una innata capacità di coinvolgimento del pubblico, ma, anche dopo ripetuti ascolti, rimane la netta impressione (ascoltate “She’s Gone”) di trovarsi di fronte a dei rubagalline scapigliati che l’hanno fatta franca una volta (quella “buona”) ma difficilmente riusciranno a guadagnarsi un avvenire promettente al di fuori di un’attualità effimera che presto cambierà i propri gusti e orientamenti musicali. Un disco che qualche collezionista di feticci delle propria adolescenza perduta comprerà tra dieci anni su Amazon a quattro sterline (spese di spedizione incluse).
12/08/2008