“Dieci love-song dai colori tenui e dalle sfumature agrodolci”: ecco cosa contiene “Love Hotel”, esordio ufficiale dei Superpartner, sestetto di Squinzano, Lecce, che ama crogiolarsi dentro il mare dei ricordi, in bilico tra romanticismo e nostalgia.
Un pop dall’anima retrò, fitto di immagini in technicolor, già sentito eppure onestissimo. Melodie al caramello, cui basta poco per trasformarsi in filastrocche (“Song For Sarah”); bozzetti coloratissimi e malinconici, ma di quella malinconia che rende la felicità quello che è: qualcosa di assolutamente ineffabile e magico (“Lady Swimmer”, “Chic And Shine”).
E, poi, le chitarre che stendono prati di accordi trillanti su cui correre a perdifiato, fino al tramonto (“Do You Remember The Hill”), il post-punk che, tra spirali e saliscendi, dà vita a piccole vertigini vintage, polaroid sbiadite che resistono al tempo perché il tempo cercano di trattenerlo: per sempre (“Pink Girl”).
Facendo leva sul modernariato trasognato degli Stereolab, il power-pop più sensuale e delicato e la solarità angustiata di certi Belle And Sebastian, i Superpartner superano, senza troppe difficoltà (ma anche senza molte pretese…), lo scoglio della prima prova, facendo ricorso, quando serve, anche all’elettronica (spaziale sulla nostalgica e retro-futurista “Supernatural”, timida e quasi austera tra le terre incantate di “Microfilm”), mantenendo in vita un suono che, mentre scorre nel presente, non riesce proprio a fare a meno di rappresentare il passato di ognuno di noi.
Per il momento, insomma, può anche bastare.
19/11/2008