Plastic Crimewave Sound

Detto che Plastic Crimewave è in giro nell’underground americano già dal '95, come curatore della fanzine psichedelica Galactic Zoo, quando qualche anno fa Julian Cope ne fece conoscere al mondo intero (!?) le gesta recensendo “Flashing Open”, pensai all’ennesima cricca di sballati in fissa con il kraut-rock e i feedback sparati oltre il livello dell’udibile umano. D’altronde il buon “flawed genius” di personaggi del genere ne ha scoperti e riscoperti davvero tanti.

E le cose stanno pressappoco così, soltanto che il tipaccio baffuto che si nasconde dietro questa curiosa sigla ha prodotto alcuni degli sballi psichedelici più interessanti degli ultimi anni. Cope, con il suo solito humor da fumato all’ultimo stadio, ebbe a sottolineare come droghe cattive dovessero essere al lavoro per quel disco, e droghe cattive sono al lavoro anche per  “Painted Shadows”. Onestamente ho perso il conto degli album pubblicati dai Plastic Crimewave Sound, fatto sta che questo nuovo lavoro esce per la nostrana A Silent Place, e, come c’era da temere, è il solito massacro di psichedelica ultradistorta (anche se un po’ meno rispetto alle cose precedenti) e punk in salsa krauta.

Nonostante il suono sia più compatto e avvolgente del solito (“The Grip”), le chitarre sferragliano che è un piacere (“Arraj”, “Ecstatic Song”), mentre i deliqui psico-attivi “I Feel Elvis" e “(Can’t) Turn The Key” sono tangenti alla trascendenza psichedelica del flower-power californiano - i Kak vi dicono qualcosa? Così tra si arriva alla conclusiva “Painted Shadows”, una suite di oltre venti minuti, per fusi di testa mica per scherzo, in cui torna con prepotenza il rifferama radioattivo alla Hawkwind.

Pare che il tipo in questione cambi i componenti della band a ogni pie' sospinto... insomma me lo immagino come un dispotico simpaticone alla Mark E. Smith. Dettò ciò, l’album è ancora una volta molto buono. 

07/02/2009