Tori Amos

Midwinter Graces

2009 (Universal)
pop
5.5

Spesso e volentieri gli album natalizi, a prescindere dalla loro qualità, sono stati concepiti come operazioni prettamente commerciali, volte a far durare (e accrescere) nel periodo delle festività la fama dell'artista pop del momento e a creare qualcosa che ciclicamente potesse tornare in classifica in quel periodo dell'anno in cui non viene dato peso alla freschezza della proposta musicale (e anzi si ricercano proprio quel tipo di sonorità, immutate nel tempo) e la gente spende di più... in altre parole, un ottimo investimento.
Recentemente però si è assistito all'introduzione, sul mercato discografico di fine anno, di una nuova tipologia di album, spesso ad opera di artisti non più giovanissimi e in crisi di riscontro sia commerciale che critico (Sting, Enya e, appunto, Tori Amos): quella degli album "invernali". Vengono presentati come raccolte di brani intimisti (spesso ripresi dalla tradizione cristiana), con arrangiamenti classicheggianti ma quasi mai sfacciatamente natalizi e che, negli intenti, vogliono descrivere l'atmosfera riflessiva e ovattata della stagione più fredda dell'anno e l'aspetto più sacrale e solenne delle festività. Una sorta di compromesso insomma, in cui si cerca di coniugare la ricerca del riscontro commerciale (si tratta chiaramente di album che si candidano a essere, nell'indecisione, azzeccatissimi e "adulti" regali per ascoltatori occasionali) con la volontà di creare qualcosa di più particolare e meno scontato, che esuli il più possibile da slitte, Santa Claus che arrivano in città e campanelle tintinnanti, nel quasi disperato intento che l'acquirente abbia ancora voglia di ascoltare l'album almeno sino ad aprile e che la critica possa considerarli a tutti gli effetti come un nuovo tassello delle rispettive discografie e non solo un divertissement stagionale.

Da questo punto di vista "concettuale" "Midwinter Graces" può essere considerato come un prodotto impeccabile, complessivamente ben calibrato, coi suoi lambiccati e barocchi arrangiamenti (pianoforte, fiati, archi, clavicembalo, campane...), col suo ripescare brani tradizionali risalenti prevalentemente dal quindicesimo al diciottesimo secolo e spesso fondendoli tra loro per crearne degli inediti da affiancare a brani composti appositamente per l'occasione. Insomma la Amos svolge bene, e spesso con eleganza, il suo compitino, sussurrando e accarezzando, finendo però per somigliare più a un'adulta cantautrice folk stile Loreena McKennitt che a quella ribelle pianista rock che duettava con Trent Reznor e musicava private confessioni.
Ed è proprio analizzandolo (forse non del tutto giustamente) solo ed esclusivamente come nuovo album di Tori Amos (per giunta realizzato a pochissimi mesi di distanza da "Abnormally Attracted To Sin") che spiace constatare nuovamente come l'ex "Goddess of rock" sia ancora ben lontana dal raggiungere le vette espressive del passato e che, per forza di cose, l'album suona un po' noioso e a tratti lezioso (con tanto di duetto con la figlia).

Ci sono però diversi aspetti che forse non andrebbero sottovalutati e che, si spera, possano diventare una costante e non un'eccezione nelle sue future produzioni: alcuni arrangiamenti più classici e ben calibrati (già riscontrati nell'album precedente) che non inseguono goffamente l'hit da classifica e che a sprazzi fanno tornare in mente certe atmosfere "fredde", certe ninne nanne degli esordi ("Winter's Carol"), l'omogeneità e la relativamente breve durata dell'album, che dimostrano come anche l'eccessiva lunghezza dei quattro precedenti lavori sia stata fatale alla loro riuscita e abbia soffocato la bontà di alcuni pezzi proposti.
Certo, sono ancora latitanti la sua voce più squillante e tagliente, la tensione drammatica che da questa scaturiva e le sfuriate al pianoforte a cui ci aveva abituato ma, le va dato atto, forse questo non era il progetto più adatto per sfoderare queste armi (sempre che ne sia ancora in possesso) e ahimè, dopo anni di delusioni, basta un solo momento davvero brutto, ovvero il trattamento riservato a "Harps Of Gold", spaventosamente kitsch, per piombare nuovamente nello sconforto e temere che "quella" Tori Amos non tornerà più.

Con l'augurio che questo disco e questo riflessivo periodo dell'anno a cui è dedicato le facciano tornare definitivamente in mente cosa rendesse veramente eccezionale la sua musica.

P.S. La copertina ha conquistato il primo posto tra le più brutte dell'anno nella speciale classifica di Pitchfork!

11/12/2009

Tracklist

  1. What Child, Nowell
  2. Star of Wonder
  3. A Silent Night With You
  4. Candle: Coventry Carol
  5. Holy, Ivy, and Rose
  6. Harps of Gold
  7. Snow Angel
  8. Jeanette, Isabelle
  9. Pink and Glitter
  10. Emmanuel
  11. Winter's Carol
  12. Our New Year