Yo La Tengo

Popular Songs

2009 (Matador)
alt-rock

Gli americani non hanno mai sviluppato particolare amore per le lingue straniere: fino a qualche decennio fa conoscevano appena una manciata di parole, tipo "pizza" o "croissant".
Ma nel baseball cominciarono ad arrivare una serie di giocatori ispanici che non sapevano una sillaba di inglese.
Ai Mets arrivò un fuoriclasse rimasto famosissimo, un outfielder, ma quando i compagni di squadra gli gridavano "I've got it!", invece di lasciar loro la palla, ci andava lo stesso provocando terribili scontri. La soluzione fu che tutti i giocatori dei Mets dovettero imparare la frase "Yo la tengo!", che diventò un modo di dire negli ambienti sportivi e forse la prima frase popolare spagnola a mettere radici a New York.
I coniugi Giorgia Hubley e Ira Kaplan (due terzi degli Yo La Tengo) sono superfan dei Mets, fanno sempre l'abbonamento stagionale, e quando sono in tournée lasciano gli ingressi a parenti e amici.
Per loro fu del tutto naturale optare per Yo La Tengo come nome per la propria band, divertendosi su come un po' tutti deducessero motivazioni a sfondo sessuale sulla scelta.
Dal primo album del trio newyorkese è passato un quarto di secolo, loro stessi non avrebbero mai creduto di restare in pista così a lungo, e soprattutto non avrebbero mai creduto di continuare dopo venticinque anni a sfornare ancora dischi di una bellezza straripante.

Da sempre ipercoccolati dalla critica musicale americana, disposta a perdonargli tutto, compresa qualche inevitabile caduta di tono in una discografia comunque eccelsa, gli Yo La Tengo continuano a essere un bene prezioso, una pietra angolare dell'indie-rock mondiale, in grado di essere sempre assolutamente credibili qualsiasi genere si trovino a triturare nel proprio caleidoscopico juke-box.
Una band che vive di sfide anche quando pare aver allentato la carica innovativa, e qui risiede l'unico appunto che ci sentiamo di muovere alle nuove composizioni: le idee tendono a ripetersi, così se rimanemmo folgorati nel 1997 dall'ascolto di "I Can Hear The Heart Beating As One", oggi un disco come "Popular Songs" è esattamente il minimo di quanto ci aspettiamo da loro, il minimo di quanto pretendiamo, e anche se tutto è svolto in maniera egregia, non ne veniamo travolti.
Sta di fatto che fin quando formazioni del calibro degli Yo La Tengo avranno il coraggio di chiudere un disco con una triade di suite da dieci minuti e passa cadauna, significa che la musica rock non solo non è defunta, ma ha ancora un mondo di cose da dire.

"Popular Songs" è diviso idealmente in due parti, e tale suddivisione risulta ancora più evidente nel formato su doppio vinile.
Le prime nove tracce sono lo specchio dello stato dell'arte dell'alt-rock contemporaneo, il solito indispensabile bignamino attraverso il quale i tre rendono propri i generi più disparati. Kaplan e compagnia confermano l'ineguagliabile capacità di plasmarsi sulle influenze più diverse, somigliando a tutto pur restando esclusivamente se stessi.
Non è un disco di grandi chitarre, "Popular Songs", ma di grandi atmosfere, la raccolta di canzoni pop(olari) meno mainstream che sia mai stato confezionato, con vette da restare di sasso, come nel caso della notturna "By Two's", un brano di rara intensità, in grado di proiettare l'ascoltare in una dimensione estatica, ultraterrena.
Sulla stessa lunghezza d'onda si posizionano "I'm On My Way", una sorta di revisione di "Star Me Kitten" dei Rem, e la malinconica "When It's Dark".

C'è poi il lato allegro, ben rappresentato dall'irresistibile fuzz-boogie "Something To Hide" e dalle divertenti reminescenze sixties funky di "Periodically Triple Or Double", che sembra partorita da una session svolta nei sotterranei della Carnaby Street in piena "Swinging London" con James Brown, Prince, e uno stuolo di caschetti in super-mini impegnato in danze sfrenate.
Il desiderio di arrangiare con partiture d'archi un paio di brani ha portato la band a contattare Richard Evans, piuttosto che procedere da sola come fece nel caso di "Black Flowers" sul disco precedente. I sorprendenti risultati sono la psichedelica "Here To Fall", posta ad inizio tracklist e scelta come primo singolo, e la spensierata "If It's True", con ulteriori evidenti richiami agli anni 60.
Anche quando progettano brani light pop come "All Your Secrets" o "Avalon Or Someone Very Similar" dimostrano di essere più di una spanna sopra tutte quelle alt-pop-rock band sorte un po' ovunque (canadesi compresi) nell'ultimo decennio.

Le tre lunghe tracce poste in chiusura del disco (le quali ne compongono la seconda ideale parte) rappresentano tre differenti lati della psicologia Yo La Tengo: "More Stars Than There Are In Heaven" è uno slow-shoegaze che farà la gioia di tutti gli intransigenti fan di Jesus & Mary Chain e My Bloody Valentine; "The Fireside" si posiziona da tutt'altra parte, ricordando gli esperimenti ambient di Brian Eno, con quegli accordi di chitarra acustica ripetuti ad libitum su un tappeto di effetti sonori mai invadente, l'ideale da ascoltare alle undici di sera per chi soffre di insonnia o abbia tensioni quotidiane ancora da smaltire.
L'impostazione cinematica di "The Fireside" è figlia di progetti (distrazioni, come amano qualificarli i protagonisti) portati avanti recentemente dalla band, la quale si è occupata della realizzazione di una serie di colonne sonore raccolte nell'album pubblicato circa un anno fa "They Shoot, We Score"; in questo caso è evidente l'influenza del lavoro svolto per il road movie "Old Joy".
La conclusiva "And The Glitter Is Gone" è la botta noise finale, quasi sedici minuti che innestano in "Popular Songs" l'unico ingrediente che ancora mancava.

Cosa vogliamo chiedere di più a Ira Kaplan, Georgia Hubley e James McNew?
Stavolta non c'è nulla da perdonare: qui c'è soltanto classe pura e cristallina.

16/09/2009

Tracklist

  1. Here To Fall
  2. Avalon Or Someone Very Similar
  3. By Two's
  4. Nothing To Hide
  5. Periodically Double Or Triple
  6. If It's True
  7. I'm On My Way
  8. When It's Dark
  9. All Your Secrets
  10. More Stars Than There Are In Heaven
  11. The Fireside
  12. And The Glitter Is Gone