...A Toys Orchestra

Midnight Talks

2010 (Urtovox)
pop
6.5

Nati ufficialmente nel 1998 e forgiati da diversi riconoscimenti per band emergenti, i campani A Toys Orchestra (Enzo Moretto, Ilaria D’Angelis, Raffaele Beneve e Andrea Perillo) si distinguono da subito per il formato monumentale dei loro album, che conferisce loro uno status d’istituzione del più verace pop alternativo italico. “Job” (Fridge, 2001), il loro debutto, li mette in luce come scapestrati imitatori del suono lo-fi internazionale (Pavement, Sebadoh, Vaselines), in brani emblematici come “I’m Here” e “Dance Of The Moth”. Il suo seguito, “Cuckoo Bohoo” (2003) smorza quell’impatto emotivo e sottolinea accuratamente le melodie, implementando a dismisura sofisticazioni a più livelli (complice anche il passaggio alla produzione Urtovox), ma lasciando intravedere anche una certa angoscia psicologica nella costruzione delle canzoni. “Technicolor Dreams” (2007) fa sostanzialmente ordine tra i ruoli, depurando la forma-canzone e iniettando un minimo d’innovazione fantasiosa (“Ease Off The Bit” e “Bug Embrace”).

“Midnight Talks” è l’apice e un primo compimento del percorso, il loro banchetto barocco, il loro Forever Changes. Svarionata e camaleontica, dotata di mille pelli per mille arrangiamenti, la band è in grado ora di approntare tiritere Donovan-iane che poi prendono il volo in un duetto che ricorda quelli tra Gainsbourg e la Bardot e in un tripudio drammaturgico che rievoca i “voli” di Bacharach (“The Day Of The Bluff”). “Red Alert” è il più semplice degli schemi psych-pop affogato in esose gag orchestrali. La progettazione degli arrangiamenti non potrebbe essere più meticolosa, tale da superare il fiuto melodico (che però riesce a emergere perentorio in “Celentano”, che cita quasi alla lettera “Yuppi Du”).

L’assunto di base è dei più onesti: come giustificare un’altra raccolta di canzoni pop?
“Sunny Days”, capolavoro di equilibrismo, proietta a luce crepuscolare sovratoni gospel, mentre “Pills On My Bill” è un’elegia per piano e controcanti a incastro (con gran lavoro di contrappunto) che suona stereotipata da far indispettire Elton John, e “Frankie Pyroman” n’è tanto la sua versione elettrificata quanto una mutazione da Frankestein, come un Todd Rundgren imbufalito, e prosegue con coerenza in “Backbone Blues”, secondo un lato più hard da vaneggio psichedelico, con strepiti e svisate slave dell’orchestra.
Se la zona delimitata dalle due parti di “Plastic Romance” non suona granché rodata (il sostrato noir della prima parte sembra posticcio, mentre la seconda parte si dà a una compassatissima versione di “Imagine”), a coronare l’opera è comunque una cristallina serenata un po' mantra un po' "Hey Jude" un po' Jeff Buckley, che - in mezzo a tanta saturazione - potrebbe quasi passare inosservata, “Summer”: carillon di piano elettrico, sovrapposizioni di toni e voci, intermezzi acidi.

Lussuoso ciclo di canzoni che si autopremia spontaneamente a nuovo record artistico, ed è pure un tour de force ipermassimalista che giustifica - finalmente - l’appellativo di “Orchestra”. L’orchestra vera e propria (diretta dal lucido tuttofare Enrico Gabrielli, anche ai fiati con Raffaele Kohler e Luciano Macchia, e composta dagli archi di Rodrigo D’Erasmo, il dobro di Alessandro Stefana, il piano, il synth e la fisarmonica di Fausto Ferrara), e questo è il piatto forte, ha poco in comune con la serenità della muzak, preferendo ferire, o entrare a gamba tesa sulle canzoni. Moretto incontenibile deus ex machina dell’insieme.

15/04/2010

Tracklist

  1. Sunny Days
  2. Red Alert
  3. Mystical Mistake
  4. The Day Of The Bluff
  5. Celentano
  6. Plastic Romance
  7. Plastic Romance pt. 2
  8. Pills On My Bill
  9. Frankie Pyroman
  10. Backbone Blues
  11. Look In Your Eyes
  12. Summer
  13. The Golden Calf
  14. Somebody Else

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