L'immaginario, il seguito, la carriera, le attività collaterali, la morte di un bambino di due anni: sono diverse le cose che è necessario ponderare nell'affrontare un disco dei Cloud Cult, soprattutto nel momento in cui la band parrebbe voler segnare un cambiamento di rotta, sotto tutti i punti di vista. "Light Chasers" è il settimo disco della band di Minneapolis, ed è un ennesimo contenitore della vulcanica produzione di Craig Minowa, dichiaratamente teso a investigare i misteri dell'universo, della vita e della morte in esso contenuti.
Tale approccio viene qui messo in pratica, in fondo, più come una visione giovanilistica - per quanto allettante - à-la Donnie Darko, che non attraverso un severo impianto conoscitivo. Lo sperimentalismo della band si mostra così sostanzialmente nell'alternanza, non proprio spiazzante, tra il chiarore lampeggiante di un'elettronica piena d'enfasi, tentazioni classiche e routine di pop-rock americano, ammiccante al mainstream.
A volte il senso di spiazzamento viene sì raggiunto, ma in senso negativo, come in "Today We Give Ourselves To The Fire", che pare più un blando balletto di gruppo da cerimonia d'apertura che un rituale intergalattico di improvvisa connessione globale di coscienze, con le sue vicende assai poco interessanti che si svolgono tra house, rock da arena e crescendo corali. In "Light Chasers" pare in effetti prendere piede una concezione di intrattenimento artistico roboante, pirotecnico ("Exploding Hearts", "Room Full Of People In Your Head"), come se in questa forma quasi sfacciata Craig Minowa volesse dimostrare che la morte in tenera età del figlio, avvenuta otto anni fa, non costituisca più la sua unica molla creativa. In questo disco affiora così un sentimento di adunata collettiva al cospetto di un mistero cosmico che non è altro, in realtà, se non un tendone colorato, allestito come le opere d'arte la cui preparazione in genere assiste i live del gruppo.
Arranca "Light Chasers", anche laddove i Cloud Cult hanno da sempre dato prova di grande ispirazione, ad esempio in "The Meaning Of 8", nella loro vocazione per motivi pregni di un romanticismo forse senza obliquità, ma efficace. I messaggi non certo cifrati di Minowa ("You Were Born", "Responsible") raccontano di una sensibilità di ferite esposte, di un'espressività ridotta al lumicino. Particolari mitigati e finanche superati dagli arrangiamenti carezzevoli dei compagni di viaggio: il fatto che si arrivi anche a rasentare il plagio (gli Arcade Fire di "You'll Be Bright)") suggerisce però una certa confusione.
06/09/2010