Greg Mullen

The Hungry Ocean

2010 (Self released)
songwriter

"I'll be a ship, you'll be a flying machine

I'll get eaten up by the ocean, you'll go down in the trees"


Visto dal finestrino di un aereo, l'oceano sembra un unico, immenso organismo vivente. Affamato e senza confini, proprio come l'animo umano. Le canzoni di Greg Mullen sono percorse da onde, vascelli, creature marine: ma ad emergere da quelle acque è sempre il riflesso di un volto inquieto.
Bastano pochi tratti, al songwriter del Massachusetts, per offrire il proprio autoritratto: "Faccio musica con una chitarra, due mani e una bocca. A volte queste mani e bocca e chitarra sono accompagnate da tastiere, basso, tromba, batteria e amici". Non occorre nulla di più, in fondo. E "The Hungry Ocean" ne è la dimostrazione più eloquente.

A colpire subito, nel disco d'esordio di Mullen, è proprio l'impatto diretto dei brani, frutto di appena tre giorni di registrazioni dal vivo in uno studio di Boston: canzoni che, pur nella loro eterogeneità di registro e di strumentazione, si raccontano semplicemente, senza perdersi in distrazioni. Imperniato su un indie-folk dai toni crepuscolari, "The Hungry Ocean" è un album avvolgente e corposo, con un timido retrogusto di dolcezza, capace di lasciare emergere note ora asciutte ora aspre.
Il lavoro si apre trionfalmente con "Pipes That Drain Out Of The Sea", dove l'allegra baldanza della sezione ritmica è incorniciata dalle fresche coloriture dei fiati, creando un'atmosfera di festa destinata a tornare anche in "Small Acts Of Rebellion In All Night Diners". Per il resto, "The Hungry Ocean" si incentra sul pacato picking chitarristico di Mullen, che al chiarore di una malinconica luna si lascia cullare da sussurri d'armonica, lamenti di tromba e carezze di piano ("Internal Combustion", "Ten Thousand Years", "Song For Yoko Ono"), mentre nei momenti di maggiore pathos viene travolto dai burrascosi crescendo strumentali, sui quali le ombre dei fiati si allungano a creare malinconici tramonti ("Telephone", "They looked Like Giants From Down There").

La voce di Mullen partecipa con grande intensità a questa traversata sull'oceano, infrangendosi contro le onde, riemergendo prima di naufragare, accompagnando docilmente i flutti o dirigendosi straziata verso la riva. Nella raffinata scrittura del cantautore statunitense, memore dei Noah And The Whale più tormentati ("Goldfish", "They looked Like Giants From Down There"), la rielaborazione introspettiva delle esperienze di vita trascolora nel riverbero di sogni e visioni. Proprio come l'immagine dei due narvali raffigurati da Briana Horrigan nella copertina del disco: "Mi ricorda un incrocio tra un'illustrazione scientifica e un libro per bambini", osserva Mullen, "il che mi sembra perfetto per dei narvali, animali reali ma che potrebbero benissimo essere immaginari".
Più che un concept album, però, per Mullen "The Hungry Ocean" è una sorta di congerie organica di suggestioni: "Tutte le canzoni vengono totalmente ridefinite dalla loro collocazione nell'insieme più ampio del disco, aprendo una quantità di nuove possibilità di interpretazione: si tratta di qualcosa di istintivo e misterioso", spiega.

Mentre gli accenti lievi di "Small Acts Of Rebellion In All Night Diners" si spingono a costeggiare le rive del fiume Okkervil, i personaggi di Mullen mettono a nudo tutto il loro carico di aneliti e sconfitte, come tra le ombre di qualche dipinto di Hopper: "And all the gridlocked hearts sing give yourself to love". Perché, come suggerisce il nostalgico commiato di "The Bottom Of The Ocean", il cuore dell'uomo non è fatto per inabissarsi nel nulla, ma per desiderare l'estremo orizzonte del mare: "Our hearts are sure to turn cold if we let them drag us to the bottom of the ocean".

05/10/2010

Tracklist

1. Pipes That Drain Out To The Sea
2. Internal Combustion
3. Ten Thousand Years
4. Small Acts Of Rebellion In All Night Diners
5. Goldfish
6. They Looked Like Giants From Down There
7. Song For Yoko Ono
8. Telephone
9. The Bottom Of The Ocean

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