"Gli anni che rivoluzionarono il rock
italiano", recita così il sottotitolo di questa imperdibile
antologia che raccoglie il meglio della new wave italiana dal 1977 al
1980. Una verità sacrosanta che suona come un epitaffio quando ci si
volge a guardare lo stato comatoso in cui versa, oggi, il rock
tricolore, anche e sopratutto quello indipendente, nonostante i suoi
rappresentanti si fregino spesso - chissà perché, poi - di una
presunta e non dimostrata superiorità culturale.
Vero è che lo scorcio finale degli
anni Settanta, quello della corrente passata alla storia come new
wave, è stato straordinario per molte scene musicali occidentali, ma
è altrettanto innegabile che, pur con tutte le sue peculiarità,
l'Italia non si è tirata indietro, raccogliendo la sfide che
arrivavano dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti. E allora, ai fini di
un giudizio globale sulla creatività della nostra scena in quegli
anni, poco importa se nel Bel Paese, come scrive Federico Guglielmi
nelle note interne del booklet, il punk e il post-punk siano arrivati
in contemporanea, con l'ovvia conseguenza che il 1977 dei Sex Pistols
sia stato capitalizzato in Italia solo uno o due anni dopo; i
risultati sono stati, comunque, mediamente buoni con qualche picco di
eccellenza.
La selezione musicale, a cura dello
stesso Guglielmi, va a sviscerare gli episodi più validi e
interessanti delle diverse scene cittadine dell'epoca, dalla vivace
Milano alla più isolata Napoli passando per la leggendaria Pordenone
dello stato di Naon e una Bologna che ha fatto scuola. Alcune delle
tracce presenti in scaletta sono state rimasterizzate e portate su cd
per la prima volta dopo anni di irreperibilità, a dimostrazione
anche della bontà filologica dell'operazione. I
gruppi imprescindibili dell'epoca, infatti, sono tutti rappresentati:
dagli Skiantos, paladini del rock demenziale, ai Chrisma, massima
espressione del rock elettronico italiano. Ma ci sono anche
l'eclettico Faust'O nell'insolita veste ironica di "Anche
Zimmermann" e i formidabili Gaznevada di "Nevadagaz", storico
singolo che mischia ritmica funk-punk e folate alienanti di tastiere
e sax. Non a caso uno degli stati d'animo più ricorrenti nelle
canzoni new wave è proprio l'alienazione, ma per fortuna c'era anche
chi, come gli immensi Confusional Quartet, riusciva a trasformarla in
energia vitale servendosi di ludiche strutture strumentali che,
attraverso fughe vertiginose di tastiere, davano vita a un linguaggio
originalissimo, anche rispetto alle produzioni estere.
Non mancano i gruppi di culto, poco
meno che capisaldi del rock nostrano che si sono comunque guadagnati
schiere di estimatori: i Decibel di Enrico Ruggeri, sospesi tra
furore punk e sperimentazioni elettroniche, rientrano senz'altro
nella categoria al pari dei fiorentini Neon, fautori di un algido e
funereo synth-punk imbevuto di umori industrial. Da Pordenone,
invece, arrivavano gruppi dal sound estremo come HitlerSS e Tampax,
rappresentati qui rispettivamente da "Slave" e "U.F.O.
Dictator", superbi esempi di putrido, viscido e oltraggioso punk
come nessun altro in Italia ha saputo fare. Anche gli Underground
Life godono, presso gli appassionati, di grandissima considerazione
in virtù di una lunga carriera che ha raggiunto l'apice intorno alla
metà degli anni Ottanta. "L'Anthologia" gli rende omaggio con il
brano "Noncurance", folk-rock onirico dalle armonie crepuscolari
e dalla melodia nostalgica.
Ci sono poi quelle che si possono
definire "chicche", brani di band meno importanti e, magari,
anche meno conosciute pure per i più addentri alle vicende del
post-punk italiano: "Intoxication" dei Rancid X, inno punk
ruffiano ma di forte impatto; "Blockhead Dance"degli X-Rated,
frenetica danza macabra alla B-52's; "Publici Mores" degli
Elektroshock, punk'n'roll selvaggio memore della lezione degli
Stooges; "S.W. Digestion" degli Stupid Set e "Dada Boutique"
dei Revolver, brani su cui aleggia lo humor nero dei Residents.
Merita una menzione a parte LeoNero, alter ego di Gianni Leone,
storico leader del Balletto di Bronzo, che alla fine degli anni
Settanta aggiornava look e sound alla nuova estetica musicale fatta
di allucinazioni metropolitane e atmosfere decadenti.
Infine, ci sono le curiosità,
immancabili in una raccolta del genere anche se non sempre
qualitativamente all'altezza del resto: "Europe" dei N.O.I.A. è
sicuramente simpatica ma cita in modo troppo calligrafico i Kraftwerk
così come "Rosa shocking" dei Dirty Actions fa il verso agli
Skiantos senza i guizzi geniali di Freak Antoni e soci. "Orrore",
ingenuo pamphlet femminista delle Kandeggina Gang, è da segnalare
giusto per confermare che Jo Squillo, qui diciassettenne, era un caso
irrecuperabile fin dall'adolescenza mentre l'altrettanto ingenua
"Basta basta" dei Kaos Rock si lascia apprezzare per la
gradevolezza della melodia e per la maggiore abilità tecnica dei
musicisti. Risulta un po' fuori contesto, invece, la ballabile
"Desire Crazy Desire" di Mixo, ma sulla resa nulla da dire: si
tratta di un funk elettronico di gran classe.
Non si può rimproverare nulla a
"L'Anthologia" e, anzi, la speranza è che un giorno possa essere
data alle stampe una raccolta, magari sotto forma di cofanetto, che
illustri il fenomeno della new wave italiana nella sua globalità,
includendo anche gli anni Ottanta. Sarà sicuramente la volta buona per
riscoprire altri gruppi italiani fondamentali come Frigidaire Tango, Pankow e
Franti. Confidiamo nell'irreprensibile Cramps!
15/01/2011