The Resonance Association

Clarity in Darkness

2010 (Mrs Vee)
dark-progressive, space-rock, ambient-drone

Gli inglesi The Resonance Association, in bilico tra dark-progressive, ambient-drone e space-rock, sono una realtà musicale da tenere d’occhio. Suddivisi tra chitarre, tastiere, sintetizzatori, basso, percussioni, sequencer, buddha machine, E-bow, theremin, stylophone e sample, Daniel Vincent e Dominic Hemy realizzano con “Clarity in Darkness” un disco di tutto rispetto, curatissimo e ricco di spunti davvero notevoli.

Si parte con gli allunghi frenetici di “Dangerous Fantasist”, assediata da oscuri soundscape urbani e impreziosita da strane mescolanze di world-music in acido. I cupissimi droni di “Medal Of Dishonour” si riverberano lungo un cunicolo di micro-scansioni digitali, perdendosi, alfine, tra la foschia di qualche lontana brughiera. I sequencer sfilano imponenti in “Magick Is The Science”, un brano che si tinge di tonalità mediorientali mentre aspira a una magniloquenza intergalattica très Steve Hillage.

Estremamente classici nel tocco sofisticato ma, contemporaneamente, propensi a ricercare una chiave di volta di stampo futurista, Vincent e Hemy risalgono fino alle sorgenti di quella tradizione psichedelica innamorata delle distese siderali che ha nei Pink Floyd di fine anni Sessanta (più Gilmour che Barrett, in ogni caso) uno dei nomi fondamentali. Nel costruire con perizia la lunga “Heart Of Chaos” (20:39) ecco allora ritornare alla mente quelle languide proiezioni della memoria protesa a ricercare il senso ultimo dei ricordi. Trattasi, in ogni caso, solo di un punto di partenza, perché la struttura del brano è relativamente avventurosa, passando tra carrellate cosmiche, piccole oasi sinfoniche, echi di Porcupine Tree (il “vero” ponte verso la lezione della storica band d’oltremanica), fino alla maestosa coda dronica, accecata da infuocate distorsioni chitarristiche in rotta di collisione col satellite Paik.

Preceduta dalle eteree evoluzioni di “How To Recognise Angels” e dal vigoroso folk-progressivo in tenuta astrale di “Pearlescence”, la title track è un’altra lunghissima (18:08), eclettica escursione sonora, probabilmente la vetta assoluta del disco. Rumori d’acqua e sfatti miraggi Popol Vuh lanciano una cavalcata spaziale imponente e visionaria, sfilacciata, poi, in un malinconico e sterminato buco nero dove le stelle precipitano in lenta, sconsolata processione. Fino a disperdersi e morire.

Chapeau!

07/03/2010

Tracklist

1. Dangerous Fantasist
2. Medal Of Dishonour
3. Magick Is The Science
4. Heart Of Chaos
5. How To Recognise Angels
6. Pearlescence
7. Clarity In Darkness

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