Una scatola di memorie. Ricordi di giorni lontani, immersi nella luce del sole. Per Sachin Raj, aprire lo scrigno della fanciullezza è scoprire la parte più preziosa di sé: "ci sono così tante cose accadute durante l'infanzia che rimangono con noi a lungo termine... le nostre esperienze, le nostre famiglie, persino gli eventi traumatici".
È proprio intorno al tema dell'infanzia che gravitano le canzoni di "So Long (To The Child)", opera seconda di Sachin Raj e specchio di un talento pronto a sbocciare. L'esordio eponimo del songwriter di Long Beach (ma di famiglia indiana, come suggerisce il nome) aveva un respiro appena più mosso, con l'accompagnamento discreto di una vera e propria band. "So Long (To The Child)", pubblicato praticamente in contemporanea con l'album di debutto (e almeno altri due dischi sono in arrivo da qui alla fine dell'anno...), è invece un affare solitario e intimamente personale: un pugno di canzoni nude, un picking nitido e gentile e una voce come il soffio di un sussurro a fior di labbra, che sconta solo una scrittura a tratti ancora troppo lineare.
È in una vecchia casa tra i boschi dell'Oregon che i brani di "So Long (To The Child)" hanno preso forma, negli intervalli tra gli scrosci della pioggia battente. Le punteggiature di glockenspiel di "Sun Rise" e gli arpeggi di "Black Star Caves" suggeriscono inevitabilmente il parallelo con il primo Elliott Smith: "Usava un'inconfondibile progressione di accordi e melodie di forte presa. Penso che ci accomuni il fatto di scrivere canzoni musicalmente complesse e dalle liriche personali", osserva Raj senza lasciarsi intimorire dal paragone.
Tra la morbida litania di "Liner Notes" e l'andamento nostalgico di "Sachin's Blues #1", gli echi degli studi di chitarra classica di Raj e la sua passione per i raga indiani percorrono l'introduzione strumentale della conclusiva "Fuji From A Plane".
L'ombra della solitudine e il senso del destino gravano su ogni brano: "crescere, per me, significa mantenere la semplicità di un bambino e diventare consapevole del grande mondo là fuori senza farsi schiacciare". Lo sguardo del bambino è il modo più vero di diventare grandi: "So long / To the child I used to know / I won't admit that I've grown up".
20/06/2010