Secret Cities

Pink Graffiti

2010 (Western Vinyl)
psych-surf-pop

Non credo che la manifesta ammirazione per i Beach Boys possa aiutare i Secret Cities nel trovare un loro posto nel panorama attuale della musica indie. Resta il problema della stramba attitudine della critica nel ridimensionare tutta la storia del gruppo californiano alle gesta di "Pet Sounds" e del loro progetto abortito e spesso riesumato "Smile"; la leggera e disincantata grazia vocale del gruppo non ha mai convinto l'intellighenzia dei critici nostrani, quindi citare i Beach Boys può essere controproducente per l’esordio del trio del North Dakota (Parter e Gokey hanno comunque pubblicato un album sotto il nome di White Foliage).
La verità è ancora più interessante delle premesse: i Secret Cities esplorano i confini del surf-pop con una singolare attitudine alla perfetta pop-song, capace di brillare di fascino con qualsiasi veste sonora. Quello che convince è la capacità di trasformare xilofoni, archi, fiati e voci in un insieme modulare che le tentazioni elettroniche avantgarde del gruppo scalfiscono per trovare la panacea musicale.
 
E' un viaggio metafisico, "Pink Graffiti", che usa corpi sonori noti per rielaborare il senso di appartenenza del pop, più Terry Riley che Burt Bacharach, più Phil Spector e Todd Rundgren che George Martin paiono aleggiare tra i referenti produttivi del gruppo. Il Wall Of Sound è barocco, un po' psych-folk e con tracce preziose di puro progressive, il canto è alieno alle formule del mainstream con toni stridenti e volutamente confusi, che le doti vocali dei musicisti gestiscono con delizia e ingegno.
Dieci tasselli sonori con ninnananne ambigue e tenebrose," Pink Graffiti Pt. 2", dove le voci si nascondono e riappaiono con delizie armoniche ipnotiche e mutevoli, è un trionfo di amplessi sonori; "Color", tra xilofoni, fiati e stranianti performance vocali conduce trame surf verso apoteosi post-rock; si scorgono infine tentazioni prog che scindono lo spirito estivo alla " Vamos A La Playa" con viola e violino e sgranano le tentazioni soul del brano.
Avventuroso e poco incline alla seduzione, l'album offre dieci brani ispirati e dal fascino incontenibile, l'architettura dei brani è complessa e si evolve a ogni incedere melodico. Ricco di variazioni continue che alimentano il flavour di pop barocco, "Pink Graffiti" è un album dal fascino non immediato ma duraturo.
La forza evocativa di "The End" e il fascino avantgarde di "Wander" (una sinfonia pop alla Terry Riley) sono i due estremi tra i quali si muovono le geniali intuizioni di "Pink Graffiti Pt. 1".

E' proprio "Pink Graffiti Pt. 1" la chiave di svolta dell'album, incalzante per ritmo e melodia, il brano realizza le ambizioni del gruppo, un pop sinfonico e brioso da inserire nella playlist del 2010. Tracce della stessa genialità si rilevano nel singolo "Boyfriends" che dopo un intro delicata e sognante vira verso un indie-rock sporco e malizioso.
I Secret Cities non seguono le gesta dei loro eroi ma evolvono il lato più sperimentale di Wilson & co., gli scampoli surf  e sixties servono a introdurre il loro manifesto ("we have a lot to say..." canta il gruppo nel brano d’apertura “Pink City”), le tentazioni twee pop di "Slacker" garantiscono un gusto fiabesco che rende le loro delicatezze sonore poco leziose, e la maestosità di "Aw Rats" garantisce che nulla è precluso nel futuro del gruppo, distorsioni e scale armoniche improbabili si fondono sfiorando le ambizioni di certa musica colta senza perdere di vista le regole del pop.
 
Un trionfo della creatività non asservita alle regole dell’indie-rock, uno dei dischi più stimolanti e geniali dell’anno, un album che consegna ai posteri una degli esordi più maturi e convincenti del decennio.

26/07/2010

Tracklist

1.  Pink City
  2.  Boyfriends
  3.  Slacker
  4.  Pink Graffiti Pt. 2
  5.  Wander
  6.  Color
  7.  Aw Rats
  8.  Pink Graffiti Pt. 1
  9.  Vamos A La Playa
10.  The End

Secret Cities sul web