Persa in lussureggianti tratteggi gotici, la cantautrice inglese pare non avere in realtà i mezzi per permettere all'ascoltatore di perdersi nelle atmosfere lugubri e sospese di questo suo nuovo disco, dal titolo enigmatico e ossessivo: "Change Is Good, Change Is Good". La Steer si inserisce di sbieco nel novero del cantautorato al femminile più medievaleggiante (è arpista come la Newsom, sfoggia orpelli francofoni come "Margoton"): a comporre il suo racconto da un'ipotetica Avalon fatata pensano anche ovattati richiami elettronici, a volte perfino tracimanti in scialbi tentativi techno (!), come in "How To Haunt A House Party".
La voce della Nostra cambia spesso velocità e direzione, alla ricerca di un varco che le permetta di imbroccare una melodia di qualche tipo: il labirinto incantato in cui si è cacciata pare però schiacciarla, spingendola a troncare a metà composizioni che appaiono, di conseguenza, interrotte, senza via di uscita appunto. Lontana dall'evocativa purezza di riferimenti di più alto rango (Sharron Kraus e Marissa Nadler), il suo rifugio in soluzioni electro-pop pare una resa annunciata.
17/05/2010