Con estrema facilità, Tanya Davis si è guadagnata la fama di pedagoga delle anime solinghe di mezzo mondo, grazie al video-poema "How To Be Alone", in cui si faceva anche promotrice, in prima persona, di pratiche autarchiche di felicità, quali i piaceri del tessere a maglia su una panchina. Al suo esordio in qualità di cantautrice, la sedicente poetessa canadese si presenta con la sua visione di sommesso candore sui fatti e sulle cose (si veda il discorso funebre di "Don't Bury Me"), che odora già di una cameretta polverosa nella quale l'infanzia si trascina fuori tempo massimo e i mezzi espressivi, vocali (molto incerta) e lirici, paiono ancora da affinare. Va da sé che, poi, il disco si riveli innocuo, forse mai veramente sgradevole, ma anche privo di mordente. Registrato in dieci giorni, suona come una lunga strimpellata, nonostante dell'artista di impreziosire la sua forma espressiva (la bella "Please Bless") o di suonare matura e suadente ("One Room"). Facile inserire il successo della Nostra tra le piccole grandi bufale del villaggio globale.
26/10/2010