Matteo Toni

Qualcosa nel mio piccolo

2010 (Still Fizzy)
rock-blues, songwriter

Non si può dire che in Italia capiti di imbattersi in molta gente disposta a fare il genere di musica che piace fare a Matteo Toni. O meglio, che questa gente riesca a ottenere troppa considerazione dall'industria discografica (o almeno dall'alto artigianato discografico), che possa arrivare a "provarci". Quindi il fatto che stiamo qui a parlare di Toni, e che altri lo abbiano già fatto, è un bene. Il suo Ep di esordio "Qualcosa nel mio piccolo" non segnerà l'inizio di una rivoluzione, ma tra questa roba e quella che siete abituati a sentire in giro quantomeno c'è una certa differenza.

 

Cinque canzoni, con la voce che trema e la slide che non la smette di pompare, come se Ben Harper avesse voluto fare una scampagnata sulla Via Emilia e si fosse preso un paio di giorni per mettersi a registrare con questo trentacinquenne modenese dall'animo gentile e ostinato. Invece, il tizio che ha prodotto queste canzoni (insieme a Gilberto Caleffi, fondatore dell'etichetta, la Still Fizzy Records) non viene dall'altra sponda dell'Atlantico, ma dalla placida costa marchigiana. Si chiama Umberto Giardini, e sotto il nome di Moltheni ha rappresentato il lato migliore del cantautorato italiano non allineato negli ultimi dieci anni e più. Anzi, la quinta traccia è Moltheni in tutto e per tutto: testo, musica ed esecuzione. Un Moltheni ispirato, tra l'altro, che continua a far rimpiangere ciò che ha promesso di non essere più. Comunque finirà la storia dell'"adesso smetto con la musica e faccio il pompiere a tempo pieno", "Tutti i miei limiti" è una sorta di timbro lasciato sul lavoro di Toni, come un maestro di bottega che dipinge uno spigolo dell'affresco dell'allievo.

 

Darci l'opportunità di ascoltare un inedito di Moltheni però non è l'unico merito di questo Ep. Matteo Toni non è un ragazzino, e a dare una scorsa al suo curriculum c'è di che stupirsi: fino a non molto tempo fa cantava con una band funk-reggae (i Sungria), e vanta collaborazioni con gente tipo Caparezza, Après la Classe, Meganoidi, Marlene Kuntz. Nulla di più lontano da quello con cui lo ritroviamo cimentarsi oggi. Folgorato dalla slide e dal gusto semplice di stare appollaiato su uno sgabello, nel 2007 ha virato radicalmente verso sonorità che oscillano tra il pop e il blues-rock. Del suo passato ha mantenuto l'anima black, che continua a permeare vividamente la sua musica, e un'insostenibile fascinazione per la melodia. Il paragone con Harper è davvero inevitabile: ascoltare una qualsiasi delle quattro canzoni - le arrembanti "Capitano", "Fluir" e "Senza fede", come la più rarefatta e a dire il vero un po' melliflua "Neve al sole" - fa quasi venire la voglia di sentire che effetto farebbe l'afro-californiano se cantasse in italiano. Anche la tensione che scorre lungo le liriche non è troppo distante dalla sua spiritualità a tratti un po' ingenua, un po' sognatrice e un po' fricchettona. Insomma, i terreni sono proprio gli stessi. Quanto alla mano di Moltheni, poi, è francamente leggera. A conti fatti si avverte giusto nell'incedere brioso di "Neve al sole", nella quale d'altronde suona chitarra acustica e cimbali.

 

In definitiva, un vero giudizio su Matteo Toni si potrà esprimere solo quando avrà archiviato "Qualcosa nel mio piccolo" e prodotto un lavoro sulla lunga distanza. A quel punto sarà non solo lecito, ma necessario, chiedergli di aggiungere registri nuovi a quello di cui s'è servito per questo debutto nell'età matura.

18/12/2010

Tracklist

  1. Capitano
  2. Fluir
  3. Neve al sole
  4. Senza fede
  5. Tutti i miei limiti

Matteo Toni sul web