White Pines

The Falls

2010 (Yer Bird)
songwriter, folk-rock

Quanto tempo è passato, prima che arrivasse alle nostre orecchie un lavoro cantautorale così squillante, imponente, pur nella sua intrinseca semplicità? Semplicità che è caratteristica spesso evocata per questo genere di uscite: l'onestà, la purezza dei sentimenti sono qualità propugnate almeno altrettanto spesso dell'immedesimazione come meccanismo di affezione.
In questo "The Falls" tutto ciò assume un significato più profondo: un album - esordio per Joseph Scott, sotto le mentite spoglie del moniker White Pines - che tradisce, prima di tutto, la voglia di "costruzione musicale", più del racconto cantautorale. A sorprendere, a catturare l'animo e trasportarlo verso la tangibile leggerezza delle emozioni, è prima di tutto la musica: ogni pezzo, immancabilmente, risuona internamente in mille anfratti, in cui il sentire di Scott vibra con calore e si rifrange in armonizzazioni poderose e spregiudicate aperture strumentali.

La vocalità di White Pines, dichiarato dalla propria etichetta - la Yer Bird, e in particolare Sandy Smith del mitico Slowcoustic è il deus ex machina di questa uscita, per ora solo in formato digitale - erede di Neil Young, ricorda quest'ultimo nella maniera appunto sconsiderata, travolgente in cui si lancia, qua e là, in discese spericolate, come nella coinvolgente "Homes", lasciandosi alle spalle inutili compunzioni.
Pare, infatti, che ogni volta che Scott abbozza un giro d'accordi, col mestiere "ordinario" di un Beam, o di un Votolato (come nella bella "Woods"), si unisca a lui uno scalpitare corale, come di un disco incapace di contenersi nei suoi presunti confini. Un po' alla volta, le canzoni di "The Falls" sembrano gonfiarsi, traboccare di sensazioni: è il caso di "Departing", in cui un vasto spazio, intuibile negli echi risvegliati dagli strumenti, si riempie progressivamente, prima "fermandosi" con maestria cinematografica, poi coinvolgendo la totalità del proprio arsenale in un finale panico, quasi sigurrosiano, come le sensazioni presenti anche in "Armor".
La musica di Scott è in effetti toccata dal fascino "ambientale" che pare aver contagiato diverse nuove band del panorama emergente, in particolare canadese (The Wilderness Of Manitoba, per fare un esempio). Come a voler trasfigurare l'esperienza personale, che tracima dalle "pagine" di questo "The Falls", in una sorta di caotico impasto, una "cascata", appunto, di colori ed emozioni.

Al di là dell'inappuntabilità del suo stile, già maturo e ben piantato, Scott richiama poi alla mente anche artisti contemporanei importanti, come Bon Iver - forse è lui l'ultimo a essersi imposto sulla scena con questa forza - nelle suggestioni ambientali ("Hinterland") e Fleet Foxes, influenti non solo nelle grandiose armonizzazioni ma, soprattutto, nelle coloriture chitarristiche ("Warriors", "Across The Sky").
Insomma, un giovane cantautore che ha tutte le carte in regola per dire la sua, pur in un esordio che non potrà contare su un forte appoggio pubblicitario ma solo sulle potenzialità del passaparola e della lenta percolazione tra blog e webzine. Una silenziosa deposizione, però, che non può che dare frutto.

NB: l'etichetta renderà disponibile un download dell'intero disco al vincitore di un piccolo concorso, ovvero a chi manderà all'autore della recensione la domanda "alla cieca" per White Pines che quest'ultimo riterrà più azzeccata.


12/12/2010

Tracklist

1. Churchyard
2. Valley
3. Woods
4. Homes
5. Half Beast
6. Across the Sky
7. Departing
8. Hinterland
9. Armor
10. Warriors

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