Se l'universo fosse un numero, se improvvisamente si visualizzasse in una matrix, in un foglio di lavoro Excel qualunque, ecco che non potrebbe assumere un'immagine, una visione di prospettiva così diversa e distante da "Univrs". Perché, allora, sondare prima i dati puri e grezzi ("Unitxt", di tre anni fa) e ora allargare l'orizzonte a come questi interagiscano con un tutto indefinito?
A pensarci bene, l'operazione pare sviluppata secondo uno schema a specchio, mettendo dei due aspetti l'uno di fronte all'altro. Cosa è allora "Univrs"? Data immersi in un vuoto cosmico? Circa.
Alva Noto, nella sua ormai quindicennale carriera ha esplorato molti ambiti, ma è nel glitch che la sua fama si è consolidata. In un certo senso, in questo nuovo lavoro si fondono la prima parte della sua carriera - quella fondata su una musica che si fa matematica - e la seconda parte, nella quale l'artista tedesco ha scandagliato i confini dell'ambient-drone.
Si tratta di una fusione che rasenta la perfezione. Ma cosa suggerisce anche questo "Univrs"? Ci dice che il lavoro di Byetone - suo inseparabile braccio destro nella gestione della Raster-Noton - ha trovato una certa influenza anche presso il suo modo di processare la musica.
Quindi non solo glitch e sfondi elettronici sfumatissimi, ma anche una ricerca del beat robotico e alienante, marchio di fabbrica di Byetone. I contorni dell'ora di "Univrs" sono fatti sì di battiti e glitch, però quasi sempre ovattati e spesso ficcanti. Quella di Alva Noto è una cattiveria caramellata, che non fa mai davvero male, ma allarga la mente, la libera, la svuota.
Ecco allora succedersi il devastante attacco dada di "uni c" - beat in vista, sfondi ovattati e glitch sospesi - un Mika Vainio alla prese con le sue fabbriche di vetro ("uni fac"), lo stupendo quadretto ambientale ottundente di "uni rec" e ancora l'artiglieria leggera nei cortocircuiti domati di "uni dia", il telegrafo che invia messaggi in codice morse nell'Antartide ("uni iso"), i Kraftwerk più caustici come sarebbero nel 2011 ("uni acronym"), le onde fluttuanti e dirompenti di "uni deform" - incedere marziano e scariche elettriche - e "uni syc", ovvero lo sdoppiamento di materia tra suolo e cielo. La conclusiva "uni pro" è niente più e niente meno che la chiusura di un cerchio.
Non ci sono parole, ancora una volta. Questo teorizzato da Alva Noto è uno spazio in continuo fermento, nel quale pullulano fotografie di neutrini e fotoni lanciati, fatti deflagrare e rimessi in movimento. Un movimento iscritto in un nulla cosmico, che appiattisce la dirompenza potenziale del suono, riconsegnandolo frenato nella sua onda d'urto. Non c'è via di scampo. L'unica soluzione è rimanere lì a guardare e aprire la mente, ancora una volta. Fino all'infinito. E oltre.
01/10/2011