Bright Eyes

The People's Key

2011 (Saddle Creek)
songwriter, pop

Ritrovare il talento pop cristallino di Conor Oberst per apprendere che la sua avventura targata Bright Eyes è arrivata al capolinea ha il gusto dolceamaro della beffa. Quattro anni or sono l'enfant prodige di Omaha aveva momentaneamente chiuso le porte al progetto con il quale si era imposto nel mondo come una delle stelle più scintillanti del firmamento pop-cantautorale, firmando l'album "Cassadaga", che peraltro già mostrava il fianco rispetto ai capolavori precedenti. Le recenti uscite in compagnia della Mystic Valley Band (l'omonimo del 2008 e "Outer South" del 2009), pur non distanziandosi molto dal modello folk-pop-rock a cavallo tra Dylan e Wilco, avevano confermato un certo appannamento nella creatività di Oberst, imbattibile nel costruire perfette melodie ma incapace di spingersi oltre il compitino.

Onde per cui il ritorno al moniker Bright Eyes era attesissimo da fan e critica, nella speranza di un ritorno ai fasti di "I'm Wide Awake, It's Morning" e "Fevers And Mirrors". Diciamolo subito, questo "The People's Key" è tutto fuorché un capolavoro, ma indica un cambio di rotta e un arricchimento nella musica di Oberst, che però sembra accoglierci come all'ingresso dell'appartamento di un vecchio amico che non vedevamo da anni.
Il trentunenne del Nebraska prende le distanze dal folk caldo e ruvido degli ultimi lavori per tornare ad abbracciare il pop contaminato di elettronica che aveva sfiorato in "Digital Ash In A Digital Urn". Una metamorfosi che sa di reazione ad anni di imbrigliamento in un ambito, quello folk, che forse stava stretto al genio di Oberst.

Tutto è nuovo e contemporaneamente già sentito nei Bright Eyes degli anni 10, a partire dalla intro recitata dall'amico Denny Brewer (leader dei texani Refried Ice Cream) che apre "Firewall" e fa il paio con quella che introduceva la prima traccia di "Cassadaga", "Claidaudience". Ma basta sentire la voce dolente di Oberst per tornare a emozionarsi come sempre è successo negli anni. E di pezzi irresistibili, amche se forse non come in passato, ce ne sono anche in questo disco. Se "Jejune Stars" è già pronta a invadere le radio americane (ve li immaginate i Bright Eyes a RDS?), i momenti migliori si trovano nella pancia del disco: dalla tweedyana "Haile Selassie" al country-folk etereo di "A Machine Spiritual (In The People's Key)", giù giù fino all'irresistibile uno-due di briosità pop "Triple Spiral"-"Beginner's Mind", fino alla ballata al piano "Ladder Song".

Ma sembra mancare qualcosa. Non nella poesia dei testi, da sempre uno dei punti forti del nostro caro Conor, quanto piuttosto nell'eccesso di orpelli dei quali viene caricata la musica, a volte leziosa e poco incisiva. Se di addio si deve trattare (pare che questo sia l'ultimo lavoro a firma Bright Eyes per Oberst), non è certo il migliore nel quale si poteva sperare. Ma d'altronde il calo di livello nelle produzioni più recenti era piuttosto evidente e pensare a un improvviso miracolo sarebbe stato irrealistico. Addio Bright Eyes, questa foto sbiadita ci ricorderà per sempre i bei tempi andati.

27/02/2011

Tracklist

  1. Firewall
  2. Shell Games
  3. Jejune Stars
  4. Approximate Sunlight
  5. Haile Selassie
  6. A Machine Spiritual (In The People's Key)
  7. Triple Spiral
  8. Beginner's Mind
  9. Ladder Song
  10. One For You, One For Me