Con monoliti come "Netmork" e soprattutto "Strings", il russo Ivan Pavlov e il suo alter-ego artistico Coh si sono imposti come baluardi della drone music dei 2000. Nel nuovo decennio Pavlov si propone con "Iiron", un lavoro più rigido che cambia - almeno nella forma - le regole del gioco.
Da una parte, il compositore accentua i debiti con lo stoner-metal. In "War End War", la piéce più lunga, la sezione ritmica è un lambiccare elettronico che cerca di prevalere sul riff rimbombante di base. Dopo una parentesi raddolcita, riemerge ancor più conflittuale, tra tagli liberi e flussi Moroder, fino a sconfinare in una sorta di jam furibonda che irradia una quantità minima di energia (cioè stilizzata o, meglio, implosa).
A questo, che potrebbe essere il nuovo vertice di questa fase artistica, Pavlov non fa corrispondere altri degni risultati. "Satsugaii" contrappone eiaculazioni thrash a stasi minimal-techno, ma l'effetto è quasi comico. Analogamente, "Soii Noir" parte con una techno di puro glitch robotico, cui fa seguire una chitarra distorta che cerca di mimarlo. Non è nemmeno granché chiaro l'effetto cercato in "All Lights Are Fire" (un inciso Iron Maiden deturpato in bassa qualità, con sovratoni mediorientali in luogo del canto).
Dall'altra, Pavlov si atteggia a produttore industrial. Il problema è che non ha la stessa intelligenza di Nine Inch Nails nella confezione del prodotto: "Red Square" è una specie di saltarello con (stereotipate) inflessioni gotiche; "Slowup" affida l'operazione alla percussività elettronica dei Kraftwerk; in "Fist Of Glory" il glitch prende le redini e trasporta il brano a motorik digitale.
Pavlov, all'opus numero nove - non tenendo conto delle uscite minori e dispensabili che lo costellano - ha un punto a sfavore: più che creare, temporeggia; più che rendere angoscia, specula sul concetto di tensione. La prima stesura di "War End War" data 1988. Primo albo per Editions Mego (escludendo la raccolta "Post-Pop" del 2005, quando l'etichetta si chiamava semplicemente Mego).
11/03/2011