Nella mia precedente recensione del primo album della cantante disco inglese Dee D. Jackson, concludevo dicendo che la sua seconda prova solista non era all'altezza della prima. È così, infatti, ma anche "Thunder & Lightning" presenta dei buoni numeri, seppur con diverse cadute di tono. La Dde ha immesso sul mercato discografico la ristampa rimasterizzata nel marzo 2011, offrendo così a tutti la possibilità di fare i dovuti confronti tra il primo e il secondo album.
Come dicevamo, "Cosmic Curves", uscito nell'estate 1978, rappresenta uno degli apici della cosiddetta space-disco, ma già il singolo del 1979, "Fireball", indicava che qualcosa stava per cambiare. Sempre nello stesso anno uscì il singolo anticipatore del secondo album, vale a dire "Which Way Is Up?", caratterizzato da linee di basso pulsanti e in primo piano, ma anche da un progressivo abbandono di atmosfere e arrangiamenti "space". Per "Thunder & Lightning" la Jackson e il suo team produttivo (con sempre Gary Unwin e sua moglie Patty bene in sella) si trasferirono temporaneamente a Los Angeles per effettuare le registrazioni e realizzare invece parte dei missaggi (effettuati da Michael Cretu, per lo più in incognito) sempre in Europa. Viene invece ridimensionato il ruolo del tastierista Kristian Schulze e questa parziale defezione si fa particolarmente sentire soprattutto sugli arrangiamenti elettronici, che caratterizzavano positivamente buona parte del disco precedente. Ecco perché "Thunder & Lightning" risulta un disco più fisico ed epidermico e meno affascinante e particolare rispetto a "Cosmic Curves".
L'album, uscito nel febbraio del 1980 per la Jupiter, parte subito bene con "Sos (Love To The Rescue)", un brano energico e ben cadenzato, quasi una versione più da dancefloor di "Automatic Lover" che, insieme a "Which Way Is Up?", risultano perfettamente funzionali al loro scopo, cioè far ballare senza troppo ragionarci su. "Living In A Dream" e "Sky Walking" sono già una classica anticipazione della dance anni Ottanta, diciamo in linea con le produzioni eighties di Giorgio Moroder (si pensi, per esempio a "Flashdance") o del francese Cerrone (anche lui storico campione della euro-disco di qualche anno prima). Imprevedibilmente, però, "Teach You How To Dance" riporta ai climi della prima italo-disco, Baciotti in particolare (la sua "Black Jack" del 1977, ascoltare per credere), sottolineata da una spiccata sensualità e orchestrazioni lascive.
"Trail Blazer" rappresenta l'unico riferimento allo stile "space" di due anni prima, ma si tratta di un'eccezione, non di una regola. Non si tratta comunque del brano migliore. La Palma d'Oro va invece alla title track dell'album, aggressiva e raffinata al tempo stesso, oltre che ottimamente arrangiata, e al pop elettronico di "I'm Dying", condotto da una trascinante batteria di sequencer.
Il facile pop melodico "Stop All This Madness" rappresenta però quasi un'eccentricità in quest'album. Si tratta del pezzo in cui Kristian Schulze è più presente e il suono dei suoi sintetizzatori ricalca vagamente quello di Jean Michel Jarre, parecchio arioso e sinuoso. Di certo, un buon diversivo per tale genere. In sostanza, ci troviamo dinanzi a un buon disco, funzionale al suo scopo (quello di far ballare in allegria) e gradevole a un ascolto senza troppe pretese. Due/tre brani che rimarranno tra i brani maggiori della euro-disco e il resto in un'aurea mediocritas.
Il presente cd racchiude anche tre bonus track, che purtroppo non aiutano a far salire il giudizio complessivo (anzi, in realtà, lo deprezzano): "Shotgun" (singolo del 1982, classico pop triviale anni Ottanta) e il suo flipside "How Do You Want Your Love" scivolano via senza lasciare traccia alcuna. Meglio, allora, la versione "megamix" di "Sos" (qui ad opera dello zampino esperto di Cretu).
Ottimo il livello di rimasterizzazione adottato dal sound-engineer Mike Generale. Una curiosità: in Italia questo album uscì per la Durium con una diversa foto di copertina e con il titolo "The Fantastic".
08/05/2011