In questo primo scorcio di 2011, così avaro di sorprese per quanto riguarda il settore dark-wave, ecco arrivare la prima gradita conferma dalla Francia, più precisamente dalla Normandia, dalla quale proviene il nuovo parto del collettivo Delayaman, "Fourth - Part Two". Attivo da ormai una decade a questa parte, l'ensemble gitano guidato dal leader Aret Madilian, polistrumentista di origine armeno-americana, taglia il traguardo del quinto album con una produzione perfettamente inserita nella migliore tradizione dark di marca eterea.
La delicata patina acustica caratterizzante le iniziali "Change Thins" e "Let The Wind Blow" portano l'ascoltatore indietro negli anni, direttamente alle blasonate produzioni di scuola 4AD e, in particolare, lungo quei sentieri battuti a suo tempo da band quali Dead Can Dance e This Mortal Coil: se la timbrica vocale di Madilian richiama da vicino il talento narrativo che fu di Brendan Perry - si consideri l'episodio "Brahma" - la performance canora di Beatrice Valantin presenta fugaci e disinvolti punti di contatto con Liz Fraser e l'istituzionalizzazione paradigmatica creata a suo tempo dalla voce dei Cocteau Twins nel definire l'utilizzo delle heavenly voices femminili in ambito wave.
A ben vedere, i solchi di questo "Fourth - Part Two" presentano diversi punti di contatto con il catalogo di Sam Rosenthal e della sua Projekt, l'etichetta statunitense che ha ridefinito, nel passato recente, i termini di riferimento per quanto riguarda le commistioni tra sonorità acustiche e suggestioni eteree: in più di un episodio del disco affiora, infatti, lo spirito guida dei Black Tape For A Blue Girl, un'ombra che però non inficia o tradisce la coerenza e la genuinità dell'opera in questione, dal momento che l'elemento tipicamente neo classico della band statunitense viene qui impreziosito da tenui ascendenze etniche - in virtù anche del multiculturalismo caratterizzante gli stessi membri di Delayaman - che conferiscono a "Fourth - Part Two" un carattere autentico e definito.
22/03/2011