Jill Scott

The Light Of The Sun

2011 (Blues Babe/ Warner)
nu-soul, r&b
6.5

Ex insegnante d'inglese e autrice di poesie in spoken word, nell'arco di un decennio Jill Scott s'è rivelata una delle protagoniste più interessanti del nu-soul d'autore. Scoperta a Philadelphia all'inizio degli anni 2000 nel giro dei Soulquarians (The Roots, Erykah Badu, James Poyser), ha inciso tre album di ottima fattura (specialmente i primi due) e di notevole successo commerciale (specialmente il primo), accomunati dal sottotitolo "Words And Sounds". Negli ultimi tre anni, come succede a molte colleghe e rapper, ha avviato anche una discreta carriera da attrice televisiva e cinematografica. Dopo quattro anni di pausa discografica, il nuovo album "The Light Of The Sun" marca una certa discontinuità rispetto al passato, a cominciare dal titolo. La Scott, inoltre, ha scelto di lasciare, non senza polemiche e strascichi legali, l'etichetta indipendente che l'aveva lanciata (la Hidden Beach) e per cui aveva rappresentato - si passi il termine - la gallina dalle uova d'oro, accasandosi alla Warner.

Un cambiamento che si riflette sia nelle atmosfere, più rilassate e contemplative, che nel sound iperprodotto e lussuosamente modellato da uno stuolo di musicisti e collaboratori (con il sempre più influente JR Hutson, fautore del nuovo corso e vero e proprio punto di riferimento a partire dal disco precedente). "The Light Of The Sun" è un album accuratamente costruito attorno alle sempre notevoli capacità vocali della Scott, interprete di duttilità ed estensione fuori dal comune, e concepito allo scopo di rilanciarne le quotazioni di fronte a un pubblico se possibile ancora più ampio. La musica è un elegante concentrato dell'afflato orchestrale del "vecchio" philly sound con cui la Scott è cresciuta e di sincretiche contaminazioni nu-soul. La scrittura, tuttavia, lascia minore spazio alle fantasie artsy, alle improvvisazioni a tema che riaffiorano, qua e là, solo nell'intermezzo afro-freak di "Quick" e nel vaudeville per beat-box "All Cried Out" (con il contributo di uno dei massimi interpreti di questa tecnica: Doug E. Fresh). Ridotta è anche la componente più hip-hop-oriented, che coglie nel segno, con sfumature funk e reggae, nel singolo "Shame". L'altro singolo di punta sdogana la disco-soul nostalgica (e molto philly anch'essa, nell'uso degli archi) di "So In Love", in duetto con un'altra vecchia gloria del nu-soul, Anthony Hamilton.

Ma il vero nocciolo dell'album è costituito dal melodismo raffinato, dal soul confidenziale venato di jazz e lounge di brani come "Making You Wait", "Blessed", "Until Then (I Imagine)" e "Some Other Time". Uno show di classe, a tratti un po' compiaciuto ed auto-indulgente, che tocca l'apice nella classicheggiante "Hear My Call", quasi un numero da recital broadwayano. A conti fatti il miglior colpo d'ala la Scott, Hutson e i suoi musicisti (con il chitarrista Randy Bowland e il bassista Adam Blackstone in grande evidenza) lo regalano nei nove minuti di "Le Boom Vent Suite", moderno quiet storm in tre parti, sorretto dagli staccati della chitarra, dal piano sciolto e squillante quasi rag e dalle invenzioni vocali, in un brano che ricorda, per molti versi, lo stile della Badu.

30/06/2011

Tracklist

  1. Blessed
  2. So In Love
  3. Shame
  4. All Cried Out
  5. Le Boom Vent Suite
  6. So Gone (What My Mind Says)
  7. Hear My Call
  8. Some Other Time
  9. Quick
  10. Making You Wait
  11. Until Then (I Imagine)
  12. Missing You
  13. When I Wake Up
  14. Womanifesto
  15. Rolling Hills

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