Nuovo ritrovato delle band di pop entusiastico che prende l’abbrivio dai secondi Fleetwood Mac e prosegue con le Bangles, i Mekons, i Pixies, i B52’s e arriva fino agli Architecture In Helsinki, i Mother Mother (canadesi) eseguono - con il debutto “Touch Up” - una raccolta fantasiosa di tempi di vaudeville e cabaret melodico.
Con i suoi seguiti, “Oh My Heart” (2008) e “Eureka” (2011), i Mother Mother abbandonano le velleità psichedeliche e optano per la sintesi, già di gruppi come Arcade Fire e Dirty Projectors, tra umori di retroguardia, armonie birichine ed effetti accentuati, e tra atmosfere meno scanzonate e appena più psicologiche, diventando potenzialmente un nuovo termine di paragone per le generazioni future.
“Eureka”, in particolare, deborda nella derivazione artificiale nel loro tentativo di rifare “Debaser” (“Chasing It Down”) e “Song 2” (“Baby Don’t Dance”) e in quello della band di ritornare alla comicità degli esordi (“Problems”). Ma elementi sapientemente amalgamati esaltano le canzoni migliori: “Simply Simple” (suoni cangianti), “Born In A Flash” (effetti sonori, armonie seriose, piano greve), “Aspiring Fires” (inciso contagioso delle tastiere).
I brani, più in generale, indovinano sempre un ritornello di una certa articolazione, come la spiritosa “The Stand”, l’esplosione corale di “Far In Time” e la più veloce, “Calm Me Down”, quasi teatrale nelle sue torture strumentali.
Sebbene non possieda la stessa eleganza di alcuni coevi (su tutti i 1900s), la band ha abbastanza idee per intrattenere fino alla fine e camuffare in canzoni fischiettabili persino melodie triviali e momenti riempitivi, mentre Mike Fraser (tecnico del suono navigato al servizio di dinosauri punk e heavy metal) fa la giusta mossa nel dare salienza al mixaggio.
11/05/2011