Vegetable G

La Filastrocca dei Nove Pianeti

2011 (Ala Bianca)
pop

E venne il momento della verdura G, o, se preferite, del vegetale G. Tutto si potrà dire del combo pugliese fuorché che abbia come limite la prevedibilità. Anzi, l'eventuale appunto riguarderebbe una schizofrenia artistica che li ha portati dall'electro per laptop degli esordi a un pop molto più suonato dalle connotazioni tipiche dell'indie anglosassone dell'ultimo "Calvino", e nel mezzo persino una colonna sonora ("Ho voglia di te") e la psichedelia dai sapori wave di "Genealogy".

L'inaspettato passaggio al cantato in italiano di questo Ep (da qui l'arbitraria traduzione di cui sopra), prodromo dell'album in uscita settembre, non solo rappresenta una novità formale, ma permette ai Vegetable G di scostarsi un po' da quell'universo indipendente da sempre punto di riferimento. Pur arrivando a conclusioni molto differenti e raccontando trame altrettanto diverse, ci sentiamo di avvicinare le premesse di queste quattro composizioni a quelle dei poveri cristi di Brunori: l'espressione cioè di una canzone d'autore a tutto tondo, che esce dal limbo per avventurarsi nella nostra tradizione musicale senza esercitare il distinguo ideologico tra colto e profano.
D'accordo, come nel caso di Brunori, si tratterebbe solo di un passo (l'esteriorità dei musicisti rimane volutamente sui generis), però non ci si farebbe meraviglia a udire "La filastrocca dei nove pianeti" dalla radio di qualche spiaggia stipata, oppure annunciata con enfasi nei tourbillion nazional-televisivi dell'Arena di Verona. Nulla da invidiare all'ispirato Max Gazzè di un decennio e passa fa, o ai più recenti Baustelle: fra gli ultimi in ordine di apparizione a varcare il sacro fiume dell'elite in favore di un pubblico forse meno esigente ma, mica dettagli, assai più ampio.
Eh sì, perché nella filastrocca multiplanetaria potrete sentirceli entrambi citati qua e là, ma ben vengano se il risultato è così sincero, convincente e maledettamente orecchiabile. La riprova che non si tratti un episodio isolato ce la danno la successiva "La fine di Meteora" più intimista e se vogliamo meditata, e l'audace cover de "Le cose che pensano". Mica facile scansare le insidie del Battisti panelliano, riuscendo per giunta a portare a casa la pelle grazie all'ossimorico equilibrio tra prudente distacco e rispettosa fedeltà al motivo originale.

A dare ulteriore linfa alle nostre speranze settembrine sulla lunga distanza ci pensa "I nostri impulsi terrestri", probabilmente il momento più ispirato, sospeso com'è fra temi amorosi di forgia mogoliana e levigate orchestrazioni che non lasciano spazio alla casualità. Un mini album di allettanti promesse, che speriamo presto di vedere confermate.

23/06/2011

Tracklist

  1. La filastrocca dei nove pianeti
  2. La fine di Meteora
  3. Le cose che pensano
  4. I nostri impulsi terrestri

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