Passeggiavo per un'assolata Bologna, e, sotto i portici, mi è capitato di ascoltare una musica purissima. Era "Comptine d'un autre été l'après", suonata dal brillante glockenspiel di un musicista di strada e composta da Yann Tiersen.
Yann Tiersen? Ah, certo! Quello di "Amélie"! Sì, ma non solo. Il compositore francese, travolto già nel lontano 2001 dal successo planetario delle sue colonne sonore, è anche al suo settimo album in studio. "Skyline": nove brevi acquarelli, fragili schizzi minimalisti conditi con elettronica e post-rock. Le frasi essenziali di chitarra e pianoforte si perdono tra i voli pindarici dei synth e si moltiplicano sulle repentine esplosioni della batteria.
Il minimalismo di Tiersen, discendente spirituale di Michael Nyman e Philip Glass, conserva, pure in questo nuovo Lp, la sua carta vincente: l'espressività. Continua anche a percorrere, però, il sentiero intrapreso con "Dust Lane" (2010): si tuffa in atmosfere computerizzate, tra sovra-incisioni, missaggi ed emotività rock. Questo splendido lavoro di assemblaggio si deve a Ken Thomas (Sigur Rós) e Ray Stuff (dai Black Sabbath ai Muse). Nel prodotto finale, sono moltissimi gli echi di altri artisti: su tutti i Sigur Rós, ma anche gli Explosions In The Sky, con una certa malinconia per i millenari Tangerine Dream, nonché una certa probabile infatuazione per la cosmogonia di Klaus Schulze. Ma gli echi, si sa, non sono mai intensi come le fonti. Infatti, non è con dischi come "Skyline" che la musica di questo polistrumentista, di formazione classica e passioni post-punk, arriva al cuore di milioni di persone, nonché nelle mani di tanti appassionati, come i giovani strumentisti che danno voce a "Comptine d'un autre été l'après" su YouTube, tra chitarristi, pianisti, arpisti e chissà cos'altro.
Di nuovo, per la carriera dell'artista, c'è la scelta dell'inglese come strumento espressivo e la grande importanza del canto. "Skyline", ad ogni modo, se non ha niente di speciale o sconvolgente come i primi lavori di Tiersen, sa regalare emozioni delicate e profonde, con parecchi momenti di luce pura, nonché spunti legati all'attualità e alla riflessione sulla vita: la brillante "Another Shore", con un giro melodico ciclico, che si allaccia all'orecchio, avvolto da vertiginosi crescendo informatici; "I'm Gonna Live Anyhow", con un testo filosofico; "The Trial", splendida melassa fiabesca, tra voci di elfi e sussurri di folletti, dove spicca Syd Matters; "Monuments", perla del disco, con il parlato sull'incedere della batteria; "Gutter", profonda e con tante chiavi di lettura, con il discorso di Ernesto Guevara all'Onu, del 1968, a scorrere nel "try to reach the sea" ripetuto incessantemente dai cantanti. "Exit 25 Block 20" è invece un esperimento che lascia un po' perplessi, con un urlo grottesco e inquietante a scandire il tempo del pezzo. Un urlo che, però, colpisce. Chissà cosa vorrà dire.
23/04/2012