Davide Carrozza

Il Cammino Evolutivo Delle Palindrome In Gaelico

2012 (Self Released)
plunderphonics, sound-collage, experimental

Dite quello che volete, pensate ciò che vi pare, ma una cosa è certa, e i plurimi riascolti piacevolmente concessi a quest'ultimo album me lo confermano in tutta la sua evidenza; a discapito di ciò che può sembrare reale, il titolare del disco, Davide Carrozza (tra l'altro già menzionato su questi lidi) è tutt'altro che pazzo, oppure, se lo è, lo è a suo modo, con una lucidità e un controllo sui propri scatti di follia che non può che suscitare ammirazione. E quando la piena cognizione dei propri mezzi prende il sopravvento (se mai se ne fosse andata via, anche giusto per un momento), ecco che allora l'estro creativo del tenebroso napoletano si risveglia, e ne dice quattro.
A chi di preciso non importa, fatto sta che con “Il Cammino Evolutivo Delle Palindrome In Gaelico”, disco dal titolo volutamente errato per incuriosire, o eventualmente accigliare, potenziali ascoltatori dall'animo snob e paraculo, il Nostro si ridesta dai torpori degli ultimi tempi e pubblica, in maniera del tutto inaspettata, il suo settimo album, direttamente acquistabile dal suo profilo Bandcamp. Settimo album, ma in realtà si dovrebbe dire primo, vista la complessa e sofferta gestazione che ne ha preceduto il rilascio: inizialmente inteso come lavoro d'esordio, ha visto la luce soltanto dieci anni dal suo concepimento, galeotto un blocco nell'ispirazione che ha fatto sì il compositore si dedicasse a prove diverse, ma a tutti gli effetti carenti di quell'ambizione e coraggio che questa volta sono gli attori comprimari del progetto.

Se infatti le sue prove, specialmente le più recenti, tradivano, sotto l'impeccabile impianto formale, l'irrefrenabile impulso a derive drone non proprio esaltanti, invero un po' annacquate (il guitar-solo dei 47 minuti di “Verso l'infinito e basta!” può prestarsi bene a quanto appena detto), nel nuovo lavoro si rende palese una netta inversione di tendenza, che predispone ad un ascolto più attento e ponderato, ma soprattutto, lascia tornare al ruolo di primattore l'immaginifica, e invero anche un po' bistrattata, arte del campionamento.
Sì, è proprio quell'arte, che dai sublimi esperimenti “plunderphonici” di John Oswald e dai ritagli minimali dei Negativland si è poi evoluta ed è andata a contaminare i linguaggi più disparati, amoreggiando specialmente con le branche più sperimentali dell'hip-hop (Dj Shadow, gli Avalanches, arrivando anche alle più recenti scomposizioni e ricomposizioni del Flying Lotus di “Cosmogramma”), e acquisendo al contempo mille altri adepti, che siano cultori di certo pop collaterale (Solex) oppure fieri ricercatori contro tutto e tutti (i roditori vampiri di Daniel Vahnke).

Contro tutto e tutti procede lo stesso Carrozza, ma ancora una volta, lo fa a modo suo (il lettore ci scuserà per queste ripetizioni), senza porsi limiti di alcun tipo nel manipolare le più svariate fonti sonore, e combinarle con criteri audaci e singolari. Aldilà però dell'impostazione formale delle dieci tracce (definirle canzoni sarebbe errato e anche incongruente, specialmente per uno che ha sempre, e soprattutto, teso a travalicare il formato-canzone), ciò che affascina del nuovo disco, ben più che nei suoi trascorsi, è la straripante ironia che ne caratterizza lo sviluppo. Ironia, che a tratti si getta a braccia aperte nel sarcasmo, come ben sia evidenzia sin dai titoli, stralunati, paradossali, finanche esilaranti.
Perché la musica di Davide destabilizza certezze acquisite, ma non rinuncia assolutamente a divertire e a divertirsi: certo, è un divertimento cerebrale, a tratti proprio cervellotico, ma è figlio di una mentalità che non s'appaga con la trovata facile, che rovista ovunque e riesce a rendere perfino il trash-pop da ombrellone un esaltante e rinfrescante studio di decostruzione armonica. Si prenda il secondo brano, per esempio: il chihuahua del titolo è proprio quello sì, il fastidiosissimo e appiccicoso tormentone di quasi dieci anni fa, qui però talmente rimasticato e centrifugato da assumere le fattezze di un'impetuosa coda glitch, ben lontana dai tratti melodici originari.

Analogamente, ci ritroviamo l'Eminem di “Without Me” scagliato tra continui cambiamenti di finte stazioni radiofoniche, reso ancor più irriverente e parodistico dall'uso di basi che ne alterano completamente l'organizzazione, passando dal cabaret in salsa piano-bar all'astruso impiego della linea di sassofono del viral video “Epic Sax Guy” (“Breve riassunto delle puttane precedenti”). E se il nostro fa il (vero) modesto nel breve interludio che segue subito dopo, citando un monologo di Paolo Rossi, che in un secondo momento viene calato in un crepitante tessuto elettronico, sorprende continuamente la destrezza nel creare patchwork sonori iridescenti e dinamici, che anche a costo di qualche lungaggine di troppo, non vengono mai penalizzati nella loro impetuosa carica creativa.
Anche quando i toni si rilassano, e i samples passano in secondo piano (per quanto sempre appetitosi; si veda la filastrocca scurrile a chiusura di “Crocefiggono un'escort a nero”) favorendo la fioritura di più compatte, e talvolta paranoidi, linee chitarristiche (“Una rosa sboccia....”, lungo monolite prossimo a certo “dopo-rock” più sperimentale), è sempre marcata l'identità che muove le fila del discorso, infallibile la torre di controllo centrale che coordina il movimento di ogni singolo frammento sonoro.

Improbabile che si riescano a rintracciare veri e propri passi falsi; l'adozione di strutture più nitide, il contenimento dei passaggi più a vuoto, e la conseguente riduzione nel minutaggio per la maggior parte dei pezzi propende indubbiamente a favore non soltanto della qualità intrinseca, ma anche dell'assimilazione di un album non propriamente pop negli assunti. Eppure, il presentimento è quello di un artista che nasconde nelle sue maniche ben più di un asso.
Se nel triplo album al quale sta lavorando (come ha avuto modo di annunciare di recente) deciderà di affidarsi maggiormente al proprio istinto e scrollarsi di dosso un po' di perfezionismo, allora assisteremo alla realizzazione di un'opera non soltanto importante, ma proprio imprescindibile, specialmente per un panorama musicale così desolante come quello italiano. Ora come ora, ci troviamo di fronte a un buon disco, prodigo di interessanti intuizioni.

09/10/2012

Tracklist

  1. Sipario
  2. Danza rituale sulle ceneri del Chihuahua
  3. Passo a due: John von Neumann e la Madonna di Chernobyl
  4. Breve riassunto delle puttane precedenti
  5. Interludio (Il pezzo trance può venirmi meglio)
  6. La passerella dei feti cianotici
  7. Una rosa sboccia nel giardino del Giàsentito
  8. Crocefiggono un'escort a nero
  9. L'escort si confessa al panda accanto
  10. Un'ultima nuotata e poi Sipario

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