Trasversale e gioioso, il power-pop resta una delle ancore più sicure per rilassarsi dalla coltre di sofferenza che sommerge la produzione odierna, unico esempio di musica che ormai appartiene tanto alla tradizione americana qaunto a quella inglese.
Dopo l'esperienza con i Merrymakers, lo svedese David Myhr con il suo "Soundshine" realizza un interessante progetto di puro power-pop. L'evidente padronanza degli elementi armonici e ritmici dona sfumature di colore sempre variegate, nonostante l'esigua sequenza di accordi in chiave maggiore e le ordinarie sonorità delle chitarre. David Myhr preferisce definire la sua musica pop senza tempo piuttosto che datata, e nonostante gli echi di Beach Boys e McCartney tutte le dodici canzoni possiedono una struttura raffinata e ricca di piacevoli intuizioni.
È lo stesso percorso che ha caratterizzato alcuni album di Elvis Costello, Matthew Sweet, dei Jayhawks o degli Xtc: tutto è amabilmente contagioso e trascinante, come ogni buon album pop che si rispetti.
Senza alcun dubbio "Never Mine" è il vero punto di forza, grazie a una melodia irresistibile in equilibrio tra accordi di piano, chitarre in secondo piano (nonostante il rituale assolo nel bridge) e una perfezione ritmica che farebbe morire d'invidia Todd Rundgren.
Sfido chiunque, ad ogni modo, a trovare lacune o difetti evidenti in "Soundshine" (a meno che il difetto non sia il genere stesso, che può essere poco gradito a prescindere).
Da sottolineare l'eccellente performance creativa del batterista Andreas Dahlbach che, memore della lezione del grande Phil Spector, sviluppa un muro ritmico dalla complessa struttura e dall'immediata efficacia, facendo brillare le melodie di "Don't Say No" e "Got You Where You Wanted", capaci di corrompere anche i duri di cuore e... ehm, di orecchie.
La voce di David Myhr non perde mai smalto o ironia, la band swinga che è un piacere, gli arrangiamenti sono ricchi ma suonano naturali in un vortice armonico power pop di buona fattura. Anche le influenze sono trasversali: si va dal musicista americano Ben Folds in "I Love The Feeling" e nella già citata "Never Mine", agli australiani Go-Betweens o all'indie-pop in "Looking For A Life".
Resta prevalente l'impronta british: "Cut The Chase" ha la leggerezza di Badly Drawn Boy, "Loveblind" è ingenua e amabilmente stupida come i Middle Of The Road, "Icy Tracks" sfiora la psichedelia con lo stesso garbo che accompagna tutte le canzoni.
È dunque inevitabile che nell'unico passaggio più barocco, "The One", la lista di citazioni sia tanto lunga quanto inutile (tutte derivazioni di "Eleanor Rigby" dei Beatles) o che la conclusiva "Ride Along" sfidi i confini della pop song con ritmi e strumenti a fiato che conducono la canzone verso un trionfale finale all'insegna dello humour.
"Soundshine" è un album di power-pop che resta ambizioso e creativo senza cercare un forzato dialogo con il mondo rock e indie. L'ottima caratura delle canzoni e la freschezza degli arrangiamenti non lasciano alcun dubbio: questo è uno dei pochi album da portare con sé in una prossima vacanza estiva.
30/05/2012