Sono passati sette anni dall'ultimo album dei Dirty Three, quel "Cinder" con cui la band aveva cercato di rinnovarsi attraverso l'inserimento di parti cantate. L'esperimento non riuscì, e con questo "Toward The Low Sun" Ellis e soci tornano sui propri passi.
Il nuovo lavoro, completamente strumentale, è anzitutto un ritorno al passato. Lo stile del trio è sempre riconoscibilissimo: si alternano senza grosse sorprese ballatone lente alla "Ocean Songs" ("Moon On The Land", o la nostalgica "Ashen Snow"), pezzi decisamente più aggressivi come "That Was Was", in cui il violino è completamente distorto, e post-rock movimentato ("Rising Below", dall'incedere incalzante, vede due violini inseguirsi a vicenda).
Le canzoni meno tradizionali, e più interessanti, sono poste in apertura: "Furnace Skies" è un baccanale retto da percussioni caotiche sulle quali Turner e Ellis formano lentamente un muro di suono psichedelico, costantemente accompagnato da un loop incessante di chitarra; la bellezza di "Sometimes I Forget You've Gone" sta invece tutta nel contrasto tra una batteria schizofrenica che procede autonomamente rispetto a una melodia lenta e melliflua.
Non è certamente un capolavoro, ma bisogna ammettere che questi australiani, anche quando sono meno ispirati, riescono sempre a scrivere ottima musica. I fan di vecchia data non resteranno delusi.
20/02/2012