Honeybird & The Birdies

You Should Reproduce

2012 (Trovarobato)
alt-pop

In ordine cronologico: un manifesto, un'operazione di finanziamento collettivo, un disco figlio di mondi lontani e dipinti a tratti forti, quasi accecanti, nei quali è facilissimo, quasi necessario perdersi. Abbiamo dimenticato qualcosa? Probabile. Raccontare il secondo album di Honeybird & The Birdies non è cosa semplice, anche perché si rischia di perdere di vista la materia prima: la musica. 

Riavvolgiamo il nastro di una trama piuttosto lunga ed elaborata. "You Should Reproduce" nasce come slogan adottato dalla cantante e polistrumentista Monique "Honeybird" Mizrahi in seguito a una visita ginecologica. Un'esortazione che l'artista italo-americana decide di riciclare in manifesto musicale, coinvolgendo i compagni di viaggio Paola "P-birdie" Mirabella a batteria, percussioni e cori e Federico "Walkietalkiebird" Camici al basso nella costruzione del secondo lavoro in studio, ben presto affidato alle abili mani di Enrico Gabrielli (Calibro 35, Mariposa, Der Maurer). 
Messe insieme le pedine, bisogna fare altrettanto con i fondi necessari per realizzare il disco. Scatta dunque l'operazione "You Should Coproduce" che, tramite il portale di crowdfunding Kickstarter, permette alla band di trovare 150 fans-finanziatori che si accollano il costo delle registrazioni. 

Fin qui, in sostanza, siamo ancora dietro le quinte. Poi arriva l'album, e anche dal punto di vista musicale, l'avrete intuito, la faccenda è tutt'altro che semplice. Il suono degli strumenti etnici (dall'ukulele al charango, strumento popolare boliviano a dieci corde) dà vita a un sostrato folk-pop che si ramifica in mutazioni – spesso psichedeliche - di ogni tipo, laddove l'art-rock, il funk e persino l'hip-hop possono incontrare poliritmi di origini africane, sonorità sudamericane, influenze caraibiche.
Le liriche spaziano dall'inglese all'italiano, dal tedesco al dialetto catanese, dando il tocco di grazia a una ricetta che più cosmopolita non si può. Ogni brano è un'immersione in un luogo, una cultura, un viaggio non ordinario: la teoria della "terra cava" di Edmund Halley e la danza ancestrale malese "mak yong" si incontrano nelle note di "Earth's Core", l'alt-pop un po' Fiery Furnaces di "Elastic Stares" funge da fucina di buon umore, strumenti folk accompagnano per mano l'ascoltatore nell'"East Village".

E' semplice, quasi (sopran)naturale, passare dalle assolate spiagge californiane tratteggiate dall'ukulele di "Swimming Underwater" ai paesaggi del Mali e del Burkina Faso che affiorano nella lisergica "Canopy Dream": è qui, proprio al centro di “You Should Reproduce”, che il terzetto italo-statunitense dà il meglio di se. La dance assume un piglio marziale in "Eine Kalte Geschichte", niente a che vedere con la spiritualità che ammanta la successiva "Perejil", rievocante i genocidi perpetrati ai danni dei buddisti in Cambogia e degli armeni da parte dell'impero ottomano tra il 1915 e il 1916.
L'Italia è rappresentata dall'ardito rap di "Where D'ya Live" (il quartiere Tor de' Schiavi a Roma) e dalla tradizione popolare catanese di "Cajaffari": non esattamente i brani più riusciti del lotto. Le nervose derive elettriche di "You Should Reproduce" sfociano infine nel brainstorming dilatato che chiude l'album. 

Nel variopinto, ambizioso calderone degli Honeybird & The Birdies c'è tanta carne al fuoco. Verrebbe da dire troppa, non fosse per la capacità dei tre di trovare non solo la via più facile per uscire dai propri labirinti musicali, ma anche una produzione abile a dosare con sapienza gli ingredienti, tenendo a freno un'esuberanza che schiva il kitsch per farsi invece stile riconoscibile. Tutto sommato, un giro del mondo in 35 minuti può rivelarsi un'esperienza piacevole.

10/11/2012

Tracklist

  1. To The Earth's Core
  2. Elastic Stares
  3. East Village
  4. Where D'Ya Live
  5. Swimming Underwater
  6. Canopy Dream
  7. Eine Kalte Geschichte
  8. Perejil
  9. Cajaffari
  10. You Should Reproduce

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