Mosquitos

Socialhaze

2012 (Fosbury)
alt-country, rock
di
7

Potremmo essere sotto il cielo buio e bollente dalla California, a bere birra o tequila di terz'ordine fuori da un locale pieno di gente e fumo dal quale esce l'eco strozzata di un'altra band che suona quel fosco miscuglio di rock e folk e psichedelia che qualcuno ha voluto chiamare Paisley Underground. Potrebbe essere il cuore degli anni Ottanta, e la California somigliare alle aride distese tagliate dalla Frontiera, piuttosto, o alla provincia gelata del Midwest. Potrebbe esserci di tutto, su quel palco là dentro, potrebbe esserci chiunque. Magari quattro ragazzi in stivali o scarpe da tennis cresciuti ascoltando tutto ciò che potesse insegnargli l'America bianca, pronti a girare su e giù per il continente a bordo di un vecchio furgone scassato, a dormire male sui pavimenti sporchi di fabbriche abbandonate o chiese sconsacrate, a dividere notti e giornate troppo lunghe con gente sempre nuova, ragazzine senza cervello e uomini senza cuore.

Ascoltando questo nuovo disco dei Mosquitos - beh, ascoltando pressoché ogni cosa che i Mosquitos abbiano mai scritto e suonato - potremmo davvero immaginare di trovarci immersi in un sogno del genere. E invece no, invece la storia è un'altra. Niente California, niente America, niente anni Ottanta: qui siamo a casa nostra, oggi, qui siamo ai margini, oltre l'idea stessa di periferia, nel bel mezzo di lande rarefatte e sonnacchiose colte nel loro eterno presente. È qui che quei quattro ragazzi hanno messo su la loro band una decina d'anni fa e passa, è qui che continuano a fare la loro musica. A Frosinone City, State of Ciociaria.

Si intitola "Socialhaze", questo disco, e dentro c'è tutta la passione dei Mosquitos per il suono americano. Una passione che si manifesta in maniera estremamente eterogenea: le dieci tracce spaziano attraverso canoni differenti, tra richiami squisitamente alt-country, altri college-rock e altri ancora ai limiti del post-punk. Ballate e mid-tempo, canzoni di grande compattezza, mai prive di convincenti soluzioni melodiche. E a volerla buttare sui riferimenti non la finiremmo più. Su tutti, in ogni caso, sicuramente Dream Syndicate, Feelies, Wire, Jayhawks, i primi Rem (e a dirla tutta pure certi Pearl Jam: l'impalcatura di "Walk For Ever" non è forse grossomodo la stessa di "Smile"?).

Al di là di qualche riff di chitarra forse un po' spericolato, poi, i Mosquitos sanno suonare - così come Mario Martufi sa cantare - molto bene: anche per questo il risultato è decisamente buono. Poi c'è la solita questione della lingua, naturalmente, sulla quale continueremo a dividerci tutti quanti fin quando avremo voglia di discutere di musica: perché scrivere canzoni in inglese quando il mercato a cui si guarda, soprattutto dal vivo, è sostanzialmente italiano? La sensazione è che se band del genere, tenendo dritta la barra dei riferimenti musicali e coltivando una tale capacità di scrittura, abbandonassero l'inglese a vantaggio della lingua dei padri ci troveremmo di fronte a qualcosa di notevolmente più potente. Dopotutto forse l'America è più lontana di quel che sembri, e ciò che dall'altra parte dell’Oceano fa già solidamente parte della storia della musica da noi, a certe condizioni, potrebbe ancora scrivere pagine autenticamente nuove.

25/02/2012

Tracklist

  1. Wanna Be You
  2. Love Vs Haze
  3. Two Charms
  4. Walk For Ever
  5. Light As Birds
  6. Army Of Evil
  7. Been A Tripper
  8. Haze Vs Love
  9. Here's To You
  10. House

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