Muse

The 2nd Law

2012 (Helium 3 / Warner)
pop-rock

Abbiam voluto concedergli tempo, al sesto album in studio dei Muse. Qualche ascolto e riascolto in più per capire se dal suo guazzabuglio Queen/Radiohead/dubstepparo alla fin fine emergesse qualcosa di meritevole. Il risultato? Qualcosa si salva, ma è ben poco. Il disco resta debole, disordinato, e – diciamolo subito – si qualifica senz’altro come il peggior episodio nella carriera della band inglese. Di cui oggi rimpiangiamo addirittura quel "The Resistance" che così poco ci era piaciuto.

Il problema, per una volta, non è la mancanza di misura. Nonostante il gusto profondamente kitsch dei pezzi, “The 2nd Law” segna uno sgonfiamento - parziale, sia chiaro - delle manie di grandezza che da sempre accompagnano lo stile Muse e, per logica conseguenza, un mezzo ripudio dello stesso. Per capirci: niente suite interminabili, niente epica space-western, pochi scopiazzamenti classici e persino molti meno barocchisimi del solito. Il guaio è un altro: levati orpelli e atmosfere evocative in favore di vere e proprie pop song, la loro si rivela una musica a dir poco inconsistente.

La grande varietà stilistica, sulla carta un punto di forza del disco, a conti fatti appare mal spesa. Incapace di andare all’osso del suo linguaggio musicale, il trio si aggrappa a un eclettismo pacchiano stile “Queen anni Ottanta”, inseguendo loffie smancerie paranatalizie (“Explorers”, evidente autocitazione di “Invincible” scritta ben quattro anni or sono), fetidi flirt col George Michael di “Faith” (la già onnipresente e parimenti insopportabile “Madness”) e imbarazzanti seppur caricaturali esperimenti operistici (l’inno olimpico “Survival”). Un discorso a sé va fatto per “Save Me” e “Liquid State”, scritte e composte dal bassista Chris Wolstenholme: la prima è solo insostenibilmente melensa, la seconda sembra fuggita da un album dei Foo Fighters, in cui avrebbe invece fatto bene a restare.

La confusione regna – e chiamarla entropia sarebbe un avallo immeritato al concept dell’album - ma qualche episodio si salva, seppur senza eccellere. Tra questi, come facilmente prevedibile, i più roboanti: la smargiassissima “Supremacy” - leggi il Bolero di Ravel sulla base della zeppeliniana “Kashmir” - l’euro-tunza “Follow Me”, coprodotta da Nero e le due metà della title track – quella “Unsustainable” più inutile che brutta e tanto chiacchierata per i suoi bass drop stile Skrillex e “Isolated System”.

“The 2nd Law” era per certi versi l'album più difficile per i Muse, che ben sapevano di andare in ogni caso incontro allo sdegno dei più. Matthew Bellamy e compagni se ne sono fregati e han tirato dritto verso il nulla. Hanno prodotto il loro disco più statico, nonostante l'estrema varietà di linguaggi affrontata negli intenti con pudore e in maniera in realtà a dir poco maccheronica. Non facendosi mancare nemmeno quello sguardo anche un filo saccente, pronto a lanciarli contemporaneamente nelle braccia dei sempre più numerosi fan e nelle fauci della critica più snob. E proprio i detrattori trarranno da "The 2nd Law" il maggior vantaggio: una prova inconfutabile a sostegno delle proprie (spesso ingiuste) tesi. Autogol, e di quelli che promettono molto male sui possibili sviluppi futuri.

10/10/2012

Tracklist

  1. Supremacy
  2. Madness
  3. Panic Station
  4. Prelude
  5. Survival
  6. Follow Me
  7. Animals
  8. Explorers
  9. Big Freeze
  10. Save Me
  11. Liquid State
  12. The 2nd Law: Unsustainable
  13. The 2nd Law: Isolated System