Ho compiuto 35 anni e, improvvisamente, non avevo più l'energia
per fregarmene di cosa la gente pensasse di me
(Shannon Stephens)
Sono momenti apparentemente insignificanti: una piccola disattenzione, una dimenticanza di cose risapute, l'allentarsi di un ingranaggio che prima era sbuffante e rumoroso. Difficile, però, dimenticarsi del momento in cui ti accorgi che una persona cara si fa vecchia, che non sarà mai più quella di prima. In qualche modo, sicuramente più mite, accade la stessa cosa quando si tratta di artisti del cuore, quelli che ti hanno accompagnato, coi quali hai tentato di parlare, credendo potessero capirti.
Non si parla naturalmente di
Shannon Stephens come persona, quanto della sua ispirazione, annebbiata tanto da improvvisare la famosa "svolta elettrica", insieme a mestieranti dell'alt-country americano: Jeff Fielder, chitarrista per
Mark Lanegan e Isobel Campbell; James McAlister, roccioso batterista per
Sufjan Stevens e
David Bazan; infine Steve Moore, tastierista ancora di Sufjan e di
Laura Veirs. Per non parlare dell'onnipresente
Oldham, la cui comparsa è qui giustificata da un patrocinio di lunga data.
Beh, se Shannon Stephens voleva un posto tra le più corteggiate e insignificanti dive dell'alt-country, le ultime
Jolie Holland,
Kathleen Edwards, eccolo pronto. I compagni di viaggio orchestrano per lei una serata di fumoso, blues-eggiante piano bar, del tutto privo della poesia di madre e di compagna che pervadeva le pagine, intensissime, di "
The Breadwinner".
Invece di riguadagnare quelle vesti di cantautrice dei tremori domestici, suadente e terrigna, la Stephens si mette in posa per elargire qualche perla di saggezza ("Out Of Sight") - nelle quali, all'occorrenza, si infila prontamente Oldham, nell'inno
Lennon-iano di "Faces Like Ours" - e sfoderare i prevedibili artigli di un ferocemente innocuo sarcasmo ("Your Fabulous Friends").
Col suono ovattato di queste
slide, questi
riff misurati di chitarra, lo "stoppato", il battito risuonante tra gli assiti della batteria, gli assoli di pianoforte e organetto, "Pull It Together" non assomiglia alla presa di coscienza di sé, all'approdo in pompa magna di una cantautrice finora solo "di culto" al mondo dei professionisti, ma solo a un sonnecchiante divagare nei meandri di un'ispirazione spenta, seguendo i tratti della calligrafia chiaroscurale di un'auto-imposta maturità.
21/05/2012