I Trance To The Sun sono stati fra i nomi di punta del panorama dark-wave americano degli anni Novanta. Quello stesso, per capirsi, che vede come suo manifesto e capolavoro assoluto “Remnants Of A Deeper Purity” dei Black Tape For A Blue Girl di Sam Rosenthal, forgiatosi per opera di una vasta gamma di fuoriclasse, quasi tutti appartenenti alla scuderia della sua Projekt Records. La creatura di Ashkelon Sain, invece, è stata fra le poche a essere emersa con le sue sole forze, mescolando con perizia i le trame sognanti dei Cocteau Twins, gli orpelli magici dei This Mortal Coil, la carica gotica dei Faith & Disease e la possente coltre cameristica degli stessi Black Tape, per poi “indurire” il proprio sound di album in album avvicinandosi sempre più al post-punk.
Nell'ormai lontano 1993, quasi venti anni esatti orsono, il futuro duo debuttava con un album edito solo su audiocassetta che ci viene oggi riproposto, con alcune bonus track, nella ristampa a quattro mani di Below Sea Level e della stessa Projekt. Il disco è sostanzialmente un progetto solista di Sain, che vede la comparsa in soli due brani della voce di Zoë Alexandra Wakefield, destinata a unirsi al polistrumentista in via definitiva negli album successivi. Per via di questa natura, si tratta forse della testimonianza più genuina e incontaminata della saga Trance To The Sun, nonché la più legata alle influenze di cui sopra.
“Ghost Forest” è quindi il primo passo di quest'ultima, che esalta le peculiarità sonore di Sain lasciandole brillare con naturalezza. A distinguersi sono soprattutto le lunghe partiture strumentali dal gusto gotico e dalla consistenza ambientale, affidate a chitarra, tastiere e sintetizzatori e registrate interamente dal vivo. Fra queste, “Exhibition V.3” è sicuramente la più toccante - una sorta di litania incentrata sui languori della chitarra acustica e ambientata in un passato arcano. “Eyes Through Glass” riprende le medesime sensazioni estraendole dal tempo, con la chitarra libera di destreggiarsi solitaria in arpeggi e feedback. Più oscura e “rumorosa” è “Voidiswallow V.2” - chiaramente ispirata alla branca americana degli shoegazer (Lovesliecrushing) - mentre la conclusiva title track amplifica il lato onirico-mistico affidandosi in toto ai synth, non distante dai landscape desertici dello Steve Roach di “Dreamtime Return”.
Il trittico d'apertura compone la metà del del disco più vicina alla dark-wave in senso stretto. “Cauldron Street V.1” e la sua introduzione “Mint”, qui unite in un unico brano, segnano il punto d'incontro con il gotico dei primissimi Dead Can Dance, grazie anche alla partecipazione vocale di Wakefield, che offre il bis nell'intensa ballata di “August Rain V.1” - destinata a divenire uno dei brani cult del repertorio Trance To The Sun. L'incedere tribale di basso e batteria in “Eonite Trip” getta invece le basi verso il sound del futuro, riprese con piglio più spiccatamente dream-pop nell'ultima delle bonus track, “Antarctic Twilight”. Gli altri due sono rispettivamente un breve lieder oscuro (“Clocks V.1”) e il primissimo brano inciso da Sain nel 1991 in atmosfera di devozione ai Cocteau Twins (“The Texture Of Space”).
“Ghost Forest” è il meraviglioso e lungimirante primo parto di un progetto destinato a scolpire il proprio nome nell'olimpo della dark-wave americana. Per quanto distante da buona parte della produzione futura del sarà-duo, resta un gioiello di rara bellezza strumentale, dimostrazione eloquente del talento cristallino del loro creatore. Oggi i Trance To The Sun non esistono più, e Ashkelon Sain è attivo soprattutto come talent scout (sue le scoperte di Soriah e Dorian Fields). Ma il ricordo della loro esperienza prosegue intatto ad animare tutti gli appassionati che hanno vissuto o amato postuma la stagione più rigogliosa della musica dark.
20/12/2012