Il nuovo album degli scozzesi Unwinding Hours (l'omonimo disco di debutto uscì nel 2010, sempre per la Chemikal Underground), gruppo formato da un paio di membri degli Aereogramme, è da inquadrarsi come uno dei fanalini di coda dell'ormai agonizzante scena post-rock mondiale.
Gli ultimi grandi gruppi post-rock sono stati i Mogwai, i Sigur Ros, i Godspeed You! Black Emperor e gli Yume Bitsu - dopo di questi, tale scena avrebbe fatto meglio a esaurirsi del tutto, dato che da quindici anni ad oggi non fa altro che riciclare idee e stilemi triti e ritriti, involgarendoli con delle trame canzonettistiche da Mtv alternativa.
Non fanno eccezione gli Unwinding Hours che, sebbene riescano a evitare le grossolane banalità di gruppi come God Is An Astronaut, non dicono nulla di nuovo neanche loro. "Afterlives" presenta gli stessi difetti (e i pochissimi pregi) dell'album di due anni prima. "Break", "I've Loved You For So Long", "The Right To Know" e "Wayward" sono delle semplici canzoni dall'accompagnamento strumentale talvolta in crescendo che scivolano via, senza lasciare traccia, seppur gradevoli all'ascolto.
Gli episodi più atmosferici come "Saimaa", "The Promised Land" e "Day By Day", seppur un po' scontati, riescono perlomeno a spezzare la monotonia del disco. Unica felice eccezione è l'acquarello acustico "The Dogs", che però non conferma la regola, purtroppo.
Onestamente è difficile dare a tutto il post-rock odierno più di altri due anni di vita: le ricerche musicali, anche in ambito rock, si stanno già da tempo (per fortuna) spostando su altri lidi stilistici.
18/09/2012