Si conosce ancora poco dell’identità di questo gruppo multietnico, residente in Toscana, i Vanity, che vede tra le sue fila componenti provenienti dall’Italia, dalla Palestina e dalla Svizzera. Questo loro debut-album, “Occult You”, è stato dato alle stampe dalla neonata Church Independent, che per il lancio internazionale del disco, è riuscita a trovare un accordo con la Rough Trade, mentre in Italia la distribuzione è affidata alla Audioglobe. Mi hanno sorpreso certe recensioni che ho letto in giro su questo disco, che tessono lodi sperticate e che gridano al capolavoro. Il mio giudizio è che ci troviamo dinanzi a un discreto prodotto, certamente di statura internazionale (nel senso di facilmente esportabile dai nostri angusti confini nazionali), ma di sicuro non originalissimo in quanto a proposta musicale.
I Vanity hanno fatto certamente tesoro degli insegnamenti dei padri putativi del moderno gothic-metal, come i Paradise Lost, tanto che se si fossero formati una ventina di anni fa, avrebbero di sicuro sbaragliato l’agguerrita concorrenza. Altro loro nume tutelare è di sicuro quello dei Katatonia e se ne ha la prova ascoltando il brano iniziale dell’album, “Sleeping Tears”.
Per essere aggiornati ai tempi, i ragazzi non lesinano episodi più in linea con le sonorità alla Interpol (“Ghosts” e “Time’s New Romance”) e provano persino con lo shoegaze, come nel breve intermezzo intitolato “Limbo”. Svenevolezze decadenti si respirano nelle passionali “Under Black Ice” e, soprattutto, nell’ottima title track, che forse è il pezzo forte dell’intero album.
I Vanity si ricordano delle loro origini metal nei brani più concitati, ovvero “Sun” e “The Wanderer”, che probabilmente non è stata posta a caso alla fine del cd. La produzione è ottima e le qualità tecniche non mancano. Vediamo come si muoveranno in futuro, ma non dubito che i Vanity conquisteranno a breve la loro fetta di popolarità, seppur sotterranea.
22/12/2012